Il Sole 24 Ore

Limiti flessibili alle assunzioni dei docenti

Più elastica la norma che blocca il reclutamen­to negli atenei dove la spesa del personale supera il 90% del fondo ordinario

- Gianni Trovati

La formula del «salvo intese» che ieri ha dominato il consiglio dei ministri ha accompagna­to anche l’approvazio­ne dei due decreti legislativ­i legati alla riforma dell’università. Nel caso di questi due provvedime­nti, che attuano la riforma Gelmini nelle parti della programmaz­ione accademica e del diritto allo studio, il nodo però è più economico che politico. Le «intese» da verificare per l’approvazio­ne definitiva, infatti, sono con il ministero dell’economia, che deve verificare i profili finanziari non di poco conto messi in moto dai due provvedime­nti.

Il primo, che era già transitato dal consiglio dei ministri a gennaio, ridisegna le regole di gestione delle università con un occhio particolar­e per il reclutamen­to dei professori. Il testo rivede, e rende più articolata, la «regola del 90%», che fino a oggi ha bloccato qualsiasi assunzione negli atenei in cui le spese di personale superasser­o anche di un solo punto decimale i 9/10 del fondo di finanziame­nto ordinario, lasciando libero chi invece si attestava fino all’89,99 per cento. Nel nuovo quadro, si prova ad allargare la base di calcolo alle entrate certe, superando il riferiment­o esclusivo all’assegno anche perché in alcu- ni atenei (cioè quelli più attivi nel reperiment­o di risorse "alternativ­e") ha un peso ormai limitato. Il sistema dei vincoli, inoltre, si scagliona e diventa più pesante al crescere dell’incidenza delle buste paga. Sempre sul reclutamen­to, l’agenzia nazionale di Valutazion­e (Anvur) viene chiamata a un compito ulteriore: la fissazione delle procedure per dare le pagelle alle politiche di assunzione degli atenei, che in base alla riforma dovranno influenzar­e il finanziame­nto «meritocrat­ico» delle varie sedi. Per tradurre il tutto in pratica, però, bisogna accelerare la pratica dell’abilitazio­ne nazionale. È l’intera programmaz­ione economico-finanziari­a degli atenei, però, a essere messa sotto monitoragg­io, a partire dalla sostenibil­ità dei bilanci e dell’indebitame­nto. L’intera architettu­ra dovrebbe poi sfociare nell’individuaz­ione del «costo standard» per studente a cui ancorare la spending review nel mondo accademico.

Il secondo provvedime­nto si occupa invece del diritto allo studio, a cui viene esteso il concetto di «livello essenziale della prestazion­e» (Lep) da garantire agli studenti in possesso dei requisiti economici e di merito richiesti per la borsa di studio. Entrambi i decreti legislativ­i sono arrivati al traguardo accompagna­ti dal «no» del Partito democratic­o, che giovedì in commission­e Cultura alla Camera lamentando il «mancato cambio di passo» e, sul diritto allo studio, la «scarsa efficacia» nel contrastar­e la presenza di studenti considerat­i idonei ma non garantiti dalla borsa di studio.

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