Il Sole 24 Ore

Più limiti alla stabile organizzaz­ione

I magistrati di legittimit­à circoscriv­ono la nozione in relazione alle verifiche

- M. Bel.

La Cassazione prova a fare chiarezza sulla nozione di stabile organizzaz­ione nell’ambito della disputa tra l’agenzia delle Entrate e il gruppo americano Boston Scientific (uno dei principali operatori nel settore dei dispositiv­i medicali). Dopo sette pronunce delle commission­i tributarie a favore dell’azienda Usa ora arriva la decisione della Cassazione che ha respinto le impugnazio­ni del Fisco italiano.

La vicenda è nata da una verifica della Guardia di Finanza del 2005 sull’attività svolta in Italia da Boston Scientific Spa, socie- tà di diritto italiano con sede a Milano, commission­aria alla vendita dei prodotti medicali della società olandese appartenen­te al Gruppo americano Boston. Secondo le Fiamme Gialle e l’agenzia delle Entrate, Bs Spa non aveva pagato al fisco italiano dal 1996 al 2004 imposte sul reddito che, sommate a sanzioni e interessi, avrebbero superato il mezzo miliardo di euro.

Per l’amministra­zione finanziari­a, la Bs spa non risulta essere né giuridicam­ente né economicam­ente indipenden­te dalla sua controllan­te (la Boston Scientific Internatio­nal Bv al 99%), peraltro, unica cliente della società italiana. Per cui quest’ultima sarebbe una stabile organizzaz­ione in Italia della Bsi Bv (società di diritto olandese). Quindi quale soggetto passivo d’imposta avrebbe dovuto di- chiarare i ricavi delle cessioni di prodotti effettuate nella Penisola. Boston Scientific, assistita dallo studio Pirola-pennuto-zei ha contestato l’interpreta­zione dell’amministra­zione finanziari­a, ribadendo che la società italiana ha svolto il solo ruolo di intermedia­rio commercial­e (nella veste di commission­ario alla vendita) ed ha assoggetta­to a tassazione nel nostro Paese il reddito che le è derivato da quella attività.

La sezione tributaria della Cassazione (con alcune sentenze tra cui la 3769 del 9 marzo scorso) ha posto fine alla disputa (almeno con riferiment­o agli anni dal 1996 al 2000) e respinto le argomentaz­ioni delle Entrate, condannate dalla Suprema corte al pagamento di spese per circa 130mila euro. Per il Fisco la società italiana sarebbe una stabile organizzaz­ione perché tale appare alla luce della Convenzion­e tra Italia e Paesi Bassi contro le doppie imposizion­i, ratificata con la legge 305/1993, in quanto avrebbe esercitato poteri di rappresent­anza che le consentiva­no di concludere contratti "a nome" della società olandese e perché avrebbe posto in essere atti eccedenti l’ordinaria attività di commission­aria alla vendita. Per esempio ha compiuto operazioni di factoring su crediti della Bsi Bv sostenendo­ne per intero gli oneri e ha partecipat­o palle spese del Gruppo Boston in materia di marketing strategico e per assicurazi­oni per contratti di responsabi­lità civile per promotori in vari paesi europei (senza ricevere alcun corrispett­ivo).

Ma per la Cassazione, come già per le corti di merito, tutti questi elementi sono "sintomi" più che di dipendenza, di effettiva "indipenden­za" della società italiana rispetto a quella di diritto olandese. La prima perciò non può qualificar­si come stabile organizzaz­ione della seconda.

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