I ciprioti: «Così uccidete un’economia»
Gli abitanti dell’isola temono contraccolpi devastanti, con stime di contrazione del Pil fino al 10% - Preoccupazione per le conseguenze sulle restrizioni ai movimenti di capitale
Non è il doloroso salvataggio di Cipro. Nemmeno l’entità delle perdite che subiranno i depositi superiori ai 100mila euro nella Bank of Cyprus. E neanche le sorti della Laiki Bank, il secondo istituto di credito ormai sulla via della liquidazione. «Sono notizie che cambiano ogni giorno. Complesse, a volte incomprensibili. Una girandola di dati e numeri che ci ha sfibrato», si lamentano molti ciprioti che, nonostante la snervante attesa, restano molto disponibili. La domanda che ora tutti si pongono a Nicosia è quasi sempe la stessa: riapriranno davvero oggi le banche? Ieri sera in serata la banca centrale di Cipro ha fugato i dubbi: tutte le banche rimarranno chiuse fino a mercoledì. Chiuse dallo scorso 16 marzo, dovevano aprire in giornata. Ieri mattina un annuncio della banca centrale era arrivato come una doccia fredda: «Nessuna decisione è stata an- cora presa in merito alla riapertura». Poche ore dopo la notizia diffusa dall’agenzia di stampa nazionale Cna: le banche dovrebbero - il condizionale è d’obbligo - riaprire oggi. Ad eccezione, però, della Bank of Cyprus e della Laiki, le due più grandi banche del Paese - quelle a rischio default - la cui apertura sarebbe stata rimandata a giovedì per mettere in pratica le misure imposte nell’ambito del piano di salvataggio.
Nicosia vive in una sorta di limbo. Fino a ieri sera non si conoscevano neppure i dettagli di quelle misure straordinarie di restrizione sulle transazioni bancarie per evitare una fuga di capitali dall’isola. Si sa che en- treranno in vigore il giorno di apertura delle banche. Ma non si conosce in che misura, dove e a chi saranno applicate. Anche Costas Christofides, vice direttore generale della Confindustria cipriota, ammette: «Non conosciamo i dettagli del piano di restrizioni - spiega - ma se dovessero essere colpite le transazioni commerciali, soprattutto quelle internazionali, sarebbe molto grave per la nostra economia. Da 12 giorni le nostre importazioni sono paralizzate».
A Cipro ieri era giorno festivo. Le strade di Nicosia erano affollate. I turisti, per ora, non mancano. Il clima è apparentemente sereno. Ma si percepisce con forza l’atmosfera di incertezza che avvolge la capitale una delle più piccole economie della zona euro. «Non mi sono mai sentita così insicura da quando, 39 anni fa, fummo invasi dalla Turchia. Che cosa accadrà ora a noi, ai nostri figli, alle nostre pensioni?», spiega Maria, pensionata di 66 anni. «Stanno scrivendo la storia di Cipro senza di noi. Ed è una brutta pagina», irrompe un curioso passante che ammette di esser furioso con la classe politica.
L’unica certezza riguardo al controverso piano di salvataggio è che sarà particolarmente doloroso. Il portavoce del governo cipriota, Christos Stilianides, ha spiesato ieri che il prelievo sui depositi di oltre 100mila euro esistenti nella Bank of Cyprus sarà del 30% circa. Dunque molto superiore alle attese. Una misura che rischia ora di minare per sempre la fiducia degli investitori stranieri, soprattutto russi, essenziali per l’economia locale. Con il pericolo di assestare un colpo mortale al settore dei servizi, che genera il 70% del Pil del Paese. «È un accordo doloroso - ha detto in un discorso in diretta tv alla nazione il presidente cipriota Nicos Anastasiades - ma è il miglior accordo possibile che ci permette di far ripartire l’economia e di preparare il terreno per un nuovo inizio».
Cipro resterà dunque nel club dell’euro, almeno per ora. Se fosse uscita le conseguenze su un’economia che importa almeno tre volte i beni che esporta sarebbero state catastrofiche. Il ritorno alla sterlina cipriota avrebbe significato una svalutazione stimata intorno al 50-60 per cento. Ma a che prezzo? Non pochi ciprioti ironizzano sulla parola salvataggio, e sono seriamente preoccupati che la cura, alla fine, si rivelerà peggiore del male. Se poi le restrizioni alle transazioni bancarie dovessero durare settimane, o perfino mesi - ipotesi non esclusa - avverrà un graduale isolamento dell’economia di Cipro dal resto dell’Europa. Insieme, peraltro, a gravissimi effetti collaterali. Come faranno, per esempio, le imprese cipriote a pagare i fornitori esteri con simili limiti? E come faranno a pagare tra pochi giorni i salari le aziende che avevano i conti correnti sulla Laiki Bank? «Ci attende - continua Co- stas Christofides - un periodo davvero duro. I fallimenti delle imprese sono già iniziati, ci sarà un severo inasprimento della recessione per nei prossimi 3-4 anni. E un aumento della disoccupazione, che è già salita al 15 per cento». Un’analisi che trova conferma anche nelle previsioni di altri economisti. Alcuni hanno rivisto drasticamente al ribasso le stime sulla recessione già in corso, portandole anche al -10% per il 2013.
Per un’economia moderna, vivere di soli contanti sta diventando sempre più difficile. Molti bancomat hanno abbassato il limite del prelievo. Mentre sempre più negozi hanno esposto un cartello: «Ci scusiamo con i clienti ma accettiamo solo contanti fino a che la crisi finanziaria non sarà risolta». Frastornati per essere precipitati dallo status di "isola felice" a quello di pecora nera dell’euroclub, in compagnia della Grecia, tra i ciprioti si sta diffondendo una crescente acredine contro i politici, rei, ai loro occhi, di aver provocato il tracollo del Paese.