Mr. Euro pesi le parole
faccia
un corso accelerato di comunicazione al ministro delle Finanze olandese, nonché presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Un genio che ha detto ai mercati proprio quello che i mercati non volevano sentirsi dire: e cioè che il salvataggio delle banche cipriote, dove a pagare pesantemente saranno i creditori privati (depositi non assicurati e obbligazionisti privilegiati) è un modello per tutta l’Europa. Ma come si fa a definire «modello» un piano d’emergenza rabberciato, soltanto marginalmente migliore del primo goffo tentativo - da lui stesso comunicato sabato 16 marzo - dove addirittura si volevano tassare tutti i depositi ciprioti, anche quelli inferiori ai 100mila euro? Se fosse passato al Parlamento di Nicosia anche quello, secondo il Grande Comunicatore dell’Eurozona, sarebbe stato «un modello»? cendo voi della banca a questo proposito? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi?". Se la banca non può farcela, allora ci rivolgeremo agli azionisti e agli obbligazionisti, e se necessario ai detentori di depositi non garantiti, e chiederemo loro di contribuire alla ricapitalizzazione». Dopo l’ovvia reazione dei mercati, una portavoce della Ue ha precisato che Dijsselbloem «non ha detto che questo schema è o dovrebbe essere un modello» di intervento.
In ogni caso ormai è chiaro che la nuova norma è di chiedere al settore privato di contribuire alla soluzione dello sconquasso debitorio. Nel 2012, la zona euro aveva chiesto agli obbligazionisti greci di accettare una ristrutturazione del debito sovrano. In quella circostanza, la Commissione Ue aveva detto che quella scelta sarebbe stata un evento eccezionale. C’è ormai da dubitarne. Nel novembre 2012, l’Eurogruppo ha aperto la porta a una nuova ristrutturazione dei titoli greci, nel medio termine, se la sostenibilità del debito si rivelasse impossibile da raggiungere con le misure decise finora. Qualche settimana fa il governo olandese ha deciso di salvare la SNS Reaal Bank, in grave difficoltà, chiedendo ad alcune banche nazionali di contribuire all’operazione. Ora, in modo diverso nella forma ma simile nella sostanza, i risparmiatori ciprioti devono partecipare al salvataggio delle loro banche. Non è una vera e propria ristrutturazione del debito, ma è comunque una partecipazione forzosa al costo della crisi debitoria, in un momento in cui il tema dominante è il livello eccessivo di indebitamento.
Controlli sui capitali
Secondo Dijsselbloem il nuovo piano non necessiterà del benestare del parlamento cipriota che nei giorni scorsi ha approvato una nuova legge sulle risoluzioni bancarie. Il sistema bancario di Cipro, un paese di 860mila persone, è pari a otto volte il prodotto interno lordo. L’intesa raggiunta nelle notte giunge a ridosso della riapertura delle banche, che avverrà domani, come annunciato ieri sera dalla banca centrale di Cipro. Per il timore di una corsa agli sportelli il governo ha adottato misure contro la fuga di capitali. La decisione, che pure rappresenta agli occhi di molti investitori un precedente inquietante, isolerà finanziariamente l’isola dal resto di Eurolandia. Non a caso il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha spiegato che le misure sovranno essere «eccezionali e temporanee». Anche se resta l’incertezza su cosa avverrà quando queste restrizioni saranno abrogate.