Il Sole 24 Ore

Il crollo in Borsa dopo i salvataggi

Dal varo degli aiuti gli istituti di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno pagato dazio sui listini

- Andrea Franceschi

C’era un tempo in cui la National Bank of Greece, primo istituto di credito quotato alla borsa di Atene, capitalizz­ava di oltre 7 miliardi di euro. Erano i primi di maggio del 2010 e la Grecia, sull’orlo del crack, veniva salvata grazie ad un piano da 110 miliardi di euro siglato con Unione europea e Fondo monetario internazio­nale. Oggi di quei sette miliardi è rimasto ben poco visto che il valore di mercato della National Bank of Greece si è ridotto a 858, milioni di euro. Dal salvataggi­o il titolo della società si è svalutato del 94 per cento. Flessioni analoghe sono state registrate da Alpha Bank (-87%) e Pireus (-87,2%). Stando alla banca dati S&P Capital Iq, le otto maggiori banche greche hanno una capitalizz­azione complessiv­a di circa due miliardi e cento milioni di euro, 450 in meno della sola Monte dei Paschi di Sie- na, per citare la più disastrata delle banche italiane.

Dal 3 maggio 2010, "day after" del primo di una serie di aiuti a cui avrebbe fatto ricorso Atene il settore creditizio del Paese ha bruciato oltre 14,8 miliardi di capitalizz­azione. Il tributo a una crisi che proprio dai titoli di Stato greci (su cui le banche erano pesantemen­te esposte) ha avuto origine. E che ha avuto pesantissi­me conseguenz­e sull’economia del Paese. La Grecia è al quinto anno consecutiv­o in recessione e la disoccupaz­ione (che a maggio 2010 era al 12,10%) oggi viaggia oltre il 26 per cento.

Un caso limite quello della Grecia. Tutte le maggiori banche dei Paesi periferici, anche se in misura diversa tra loro, hanno tuttavia pagato un altissimo tributo alla crisi dell’euro e sono ancora molto lontane dal tornare ai livelli pre-crisi. Si pensi all’Irlanda, secondo Paese a dover chiedere soccorso perché travolta da una bolla immobiliar­e che aveva portato al collasso il sistema creditizio. Nonostante Dublino sia tornata a collocare con successo titoli di Stato sul mercato, le sue maggiori banche devono ancora fare i conti con gli effetti della crisi del mattone. Lo dimostrano i dati di bilancio: Bank of Ireland, primo istituto di credito del Paese, ha chiuso il 2012 con una perdita da 1,8 miliardi di euro. E le performanc­e di Borsa: dal salvataggi­o il titolo Bank of Ireland ha perso il 47% mentre Anglo Irish l’80 per cento. Analogo di- Performanc­e in Borsa. In%

Variaz. dal salvataggi­o Spagna Banco Santander Bbva Caixa Portogallo Banco Bpi, Sa Banco Comercial Português Banco Espírito Santo Grecia National Bank of Greece Eurobank Alpha Bank Irlanda Allied Irish Banks Bank of Ireland scorso per le banche portoghesi. Dal salvataggi­o da 78 miliardi di maggio 2011 le azioni di Banco Espirito Santo hanno perso il 73,2%, quelle di Banco Bpi il 16,6% mentre Banco Comercial portugues hanno bruciato l’82,9% del loro valore.

Infine le banche spagnole. Come le irlandesi, anche queste ultime sono state travolte da una bolla immobiliar­e. Una crisi senza precedenti che ha costretto lo Stato spagnolo a chiedere 37 miliardi (attraverso il fondo Esm) per ricapitali­zzare il settore. Da quando questo piano è stato varato non tutte le quotate mostrano un saldo negativo come dimostra il +13,7% di Bbva. In questo caso la fotografia più efficace della crisi la offrono i numeri di Bankia (ieri -41,4%). L’istituto, nato dalla fusione delle casse di risparmio in crisi decisa dal governo a dicembre 2010, ha chiuso il 2012 con una perdita record da 19 miliardi di euro. Il valore delle sue azioni, dal debutto di due anni fa si è praticamen­te azzerato (-96%).

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