Bersani, nuovo no a Berlusconi
«Un governo con il Pdl? Non è serio» - Giovedì al Quirinale per riferire
«Questo Paese è nei guai. Tra giugno e luglio arriva l’Imu, l’Ires, la Tares, e non ci sono gli ammortizzatori. Emi fermo qui». Pier Luigi Bersani parla alla direzione del Pd in serata dopo un’altra giornata dedicata all’incontro con le parti sociali: dopola delegazione di Confindustria di domenica, ieri è stata la volta dei sindacati. Le priorità sono economiche e sociali, dal pagamento alle imprese dei debiti della Pa all’esigenza di allentare il patto di stabilità interno per far ripartire le piccole opere nei Comuni, agli esodati. «Se uno facesse la somma di tutte le esigenze impellenti, ricaverebbe che serve un governo dei miracoli – ammette Bersani confermando la strada strettissima che ha davanti –. Miracoli non se fanno, mauscire dalla crisi si può».
Le consultazioni con le parti sociali e con le personalità del mondo civile e dell’associazionismo subito entrate nel totoministri – dopo l’incontro con Roberto Saviano e Giuseppe De Rita, ieri è stata la volta di Don Luigi Ciotti – sono servite per ammissione dello stesso Bersani a dare alle forze politiche «48 ore di riflessione in più». Perché dalla logica dei numeri non si esce. E, vista la rigidità del M5s e l’impossibilità registrata dagli sherpa in Senato di catturare l’assenso preventivo di almeno una decina di loro, l’unica strada per far partire il governo Bersani è il silenzio-assenso del centrodestra, magari con una differenziazione tra Pdl (che potrebbe uscire dall’Aula) e la Lega (i cui senatori potrebbero invece votare la fiducia). L’appello di Bersani, lanciato dalla direzione, va in questa direzione: «Il doppio binario tra governo e riforme istituzionali – ha detto – consente a tutti di assumersi un pezzo di responsabilità. Noi non chiediamo a nessuno l’impossibile, chiediamo a Scelta civica di avere un’intesa e alle altre forze di non impedire questa soluzione».
Ma le posizioni non sembrano essersi ammorbidite. Anzi, la boutade con cui ieri Berlusconi ha alzato la posta (il "lancio" di Alfano comevicepremier in un governo guidato da Bersani) non fa ben sperare a Largo del Nazareno. «Siamo seri – è stata la risposta di Bersani, che respinge ancora una volta le larghe intese del Cavaliere –. Non si può annunciare la guerra mondiale la mattina e passare agli abbracci nel pomeriggio». A meno che, si ragiona, la boutade del Cavaliere non sia un modo per alzare la posta in vista dell’incontro di oggi per trattare sull’unica cosa che sembra interessare Berlusconi: la successione al Quirinale. In ballo l’ipotesi di una conferma di Napolitano, oppure una convergenza su personalità come Franco Marini o Sergio Mattarella o Lamberto Dini. Mentre impazza il totoministri: data per quasi sicura la presenza di Enrico Letta, si continuano a fare i nomi di Domenico Siniscalco e Pier Carlo Padoan per un ruolo chiave all’Economia e di Gianni Castellaneta agli Esteri in caso di accordo con il Pdl. Eppure il fatto che Pdl e Lega si presenteranno insieme all’incontro con Bersani, per di più assente Berlusconi, non deponea favore dell’intesa. Il capogruppo del Pd in Senato, Luigi Zanda, ieri allargava le braccia: «Vedremo. Berlusconi in realtà sembra aver aperto la nuova campagna elettorale». Ancora 48 ore di passione. Giovedì Bersani salirà infine al Colle per riferire.