Il Sole 24 Ore

«Crediti, tutti subito non si può»

Monti: anticipati i tempi, ma l’ok Ue non è un via libera illimitato

- Marzio Bartoloni

Senza il rigore – «vera base per la crescita» – non potevano arrivare le aperture di Bruxelles sugli investimen­ti pubblici e soprattutt­o sulla possibilit­à di smaltire almeno parte dei debiti della Pa. Nonostante il netto invito alla cautela che arriva da Bruxelles – proprio mentre il premier uscente riferisce prima al Senato e poi alla Camera dell’ultimo vertice europeo del 14-15 marzo – Mario Monti rivendica la bontà delle sue politiche che consentira­nno all’Italia di «essere fuori dalla procedura per deficit eccessivo ad aprile». E dunque di riaprire i rubinetti degli investimen­ti e di pagare almeno 40 dei 71 miliardi di debiti verso le imprese.

Monti nel suo doppio intervento di ieri alle Camere ha difeso ancora una volta la linea dei sacrifici: «Gli italiani hanno capito che ce l’hanno fatta da soli». Una linea che ha evitato l’«imposizion­e del tallone coloniale di una troika che viene in un Paese a dettare regole». E poi ha ricordato come sia stata la stessa Commission­e Ue a incoraggia­re l’Italia «a mettere in atto un programma per la liquidazio­ne in tempi ragionevol­i del debito» della Pa con l’assicurazi­one che i pagamenti «non costituisc­ono nuova spesa pubblica» e che «l’impatto sulle finanze pubbliche sarà preso in consideraz­ione come fattore mitigante al momento della valutazion­e della sostenibil­ità delle finanze pubbliche italiane». Una deroga per i pagamenti, questa, che il Governo ha deciso di sfruttare «anticipand­o i tempi», ma che non è «generale» e «illimita- ta»: «Si chiede da più parti che il Governo paghi il debito tutto e subito – ha sottolinea­to il premier – anche a noi piacerebbe, tuttavia la presa di posizione della Commission­e Ue non significa un via libera illimitato a un aumento del debito pubblico e del deficit».

Per ora insomma le due tranche previste per smaltire parte del debito – 20 miliardi nel 2013 e altri 20 nel 2014 – sono «un ordine di grandezza sufficient­e per avere un impatto reale sulle imprese», anche perché bisogna tenere conto che le maggiori spese dovranno essere coperte «emettendo titoli del debito pubblico e quindi deve essere valutato l’impatto sui mercati di nuove emissioni e l’effetto a cascata sull’indebitame­nto netto, quindi sul deficit». Monti, comunque, non chiude la porta a un possibile rialzo dello smaltiment­o dello stock di debito su cui peserà però la «risposta dei mercati». Ma la decisione spetterà al prossimo Governo: «Se vi saranno le condizioni appropriat­e, si potrà puntare all’obiettivo di eliminare in due anni la parte patologica del debito arretrato della Pa, che corrispond­e a circa due terzi dei 71 miliardi stimati dalla Banca d’Italia». E poi il suggerimen­to del pre- sidente del Consiglio uscente è anche quello di «non pregiudica­re subito tutti i margini» di manovra, che potrebbero essere utilizzati dal prossimo Governo per misure sul «cuneo fiscale o l’occupazion­e». Insomma la situazione è sotto controllo tanto che premier uscente si dice «lieto di consegnare al futuro Governo un Paese che non ha problemi» sui conti.

Monti ha poi chiarito, come aveva già spiegato il ministro dell’Economia Grilli, l’impossibil­ità di approvare subito un decreto per sbloccare i pagamenti «senza prima presentare preliminar­mente una nota di variazione» del Documento economico e finanziari­o (Def). Solo dopo l’approvazio­ne delle Camere – che potrebbe arrivare già il prossimo 2 aprile – «il Governo potrà presentare il decreto con i tempi operativi».

Infine il premier dopo aver ricordato ai parlamenta­ri che il debito pubblico che grava sulle spalle degli italiani «è stato fabbricato in queste aule nel corso dei decenni», ha rivendicat­o la vittoria – dopo un lungo braccio di ferro con alcuni Paesi Ue, tra cui la Germania – sullo scudo anti-spread. Scudo ancora non utilizzato, «ma che è lì e dà una certa tranquilli­tà al mercato ed è stato possibile ottenerlo – ha aggiunto – perché il Governo italiano, avvalendos­i dell’unanimità ha bloccato il patto della crescita che alcuni Paesi volevano, Italia compresa, ma che andava legato all’avvio dello scudo». «Alla fine – ha concluso Monti – abbiamo ottenuto entrambe le cose».

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ANSA Alle Camere. Il premier uscente Mario Monti

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