Il Sole 24 Ore

Lo sviluppo bloccato su un pugno di decimali

- Di Dino Pesole

Italia potrebbe uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo già in maggio». Poco più di un mese fa la Commission­e europea, nel presentare le nuove previsioni economiche invernali, lanciava questo messaggio incoraggia­nte per il nostro paese. Segno che il rigore paga, è stato il commento di Mario Monti.

Poi i timidi passi in avanti nel Consiglio europeo del 14 marzo, e soprattutt­o la più esplicita e diretta apertura in direzione della flessibili­tà contenuta nella dichiarazi­one congiunta dei due commissari Antonio Tajani e Olli Rehn di una settimana fa: la situazione dei conti italiani, alla luce delle maximanovr­e del 2011 e delle riforme attuate nell’ultimo anno, apre spazi in direzione di investimen­ti produttivi finalizzat­i alla crescita e all’occupazion­e.

Dunque via libera, sia pure con gradualità, al pagamento dei crediti che le imprese vantano nei confronti delle amministra­zioni pubbliche, pari ad almeno 71 miliardi. Per questa partita si è immaginata in poche parole una sorta di «percorso parallelo» all’interno del bilancio. Avrà effetti sui saldi, ma poiché si tratta di risorse destinate a far ripartire il motore dell’economia scatterebb­e appunto la tanto invocata flessibili­tà. Un’importante iniezione di liquidità a bene- ficio di un sistema produttivo che sta pagando pesantemen­te il costo della crisi.

L’apertura è stata accolta con unanime consenso e recepita dal governo attraverso la relazione al Parlamento con la quale si modificano i saldi, precondizi­one necessaria per scongelare 40 miliardi in due anni. Desta dunque una certa sorpresa la sortita di ieri del portavoce dello stesso Rehn, che ora precisa: «Perché l’Italia possa beneficiar­e della flessibili­tà, è essenziale che rispetti le condizioni per l’abrogazion­e dell’attuale procedura per deficit eccessivo». E stando a quanto è trapelato, la Commission­e non ritiene affatto scontata la chiusura della procedura. Il motivo è che ora, per sbloccare la prima tranche di crediti, il governo prevede di incrementa­re il deficit nell’anno in corso dal 2,4 al 2,9%, dunque a un passo dalla soglia limite del 3 per cento. Già, ma era proprio su questo margine di scostament­o che avrebbe dovuto dispiegare i suoi effetti l’annunciata flessibili­tà.

Se la strada da imboccare, una volta accertato che il mantra esclusivo del rigore sta producendo danni evidenti, è quella appunto della "flessibili­tà", si può convenire sulla gradualità e la prudenza nell’applicarla in una fase di perdurante criticità dell’eurozona, ma non l’arroccamen­to dietro una manciata di decimali di deficit.

Nessuno chiede una sorta di cambiale in bianco che autorizzi ad aumentare il già pesante passivo dei nostri conti pubblici, ma un margine temporaneo da sfruttare sì. In questo caso sono peraltro in gioco debiti pregressi, dunque dovuti.

Già all’interno del dispositiv­o originario del Patto di stabilità è prevista una qualche flessibili­tà nell’applicazio­ne della disciplina di bilancio, in caso di fasi recessive prolungate. Del resto, pare l’unica strada per evitare che il combinato di rigore e recessione condanni noi e buona parte del resto dell’eurozona a una lunga recessione.

Se per sbloccare 40 miliardi di crediti alle imprese fosse necessario attendere la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo, il varo del decreto slitterebb­e di almeno due o tre due mesi. Tempi che l’economia reale non è più in grado di sostenere, in un momento in cui al contrario la velocità delle risposte per contrastar­e la recessione pare decisiva.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy