Il tallone d’achille delle ricette degli economisti
ormai opinione comune che la politica economica che avrebbe dovuto aiutare ad affrontare la crisi sia stata invece un ulteriore elemento per aggravarla. Mi riferisco alla politica di austerità, che ha ridotto la spesa pubblica, ha tagliato i redditi aumentando la pressione fiscale, ha ridotto gli investimenti, ha creato una disoccupazione che non è mai stata così alta. Ci sarebbe bisogno di una svolta drastica e immediata. Ma al di là delle ideologie e delle posizioni dei partiti sembra che anche la politica economica non abbia ricette valide e sia praticamente disarmata di fronte alla realtà complessa, e drammatica sul fronte dell’occupazione, non solo dell’Italia, ma di tutti i Paesi occidentali. Gentile Lodi, potrei rispondere con una battuta: non esistono soluzioni facili per problemi difficili, né ricette semplici per situazioni complesse. E si potrebbe aggiungere: purtroppo esistono molte soluzioni sbagliate. Gli ultimi dati sulla disoccupazione (11,7% a
INSIDER Carlo Festa gennaio) rappresentano un record negativo peggiore anche del periodo tra il 1994 e il 2000 quando i disoccupati superarono quota 10% con un punto più alto nel ’97 e ’98 (11,3%). Prima della crisi, nel 2007, il tasso di disoccupazione si era quasi dimezzato, nonostante la lenta crescita dell’economia, soprattutto grazie alle pur limitate riforme del mercato del lavoro. L’Italia peraltro (ma non può consolarci) è in linea con l’Europa dove la disoccupazione, sempre a gennaio era in media dell’11,9% con grandi differenze tuttavia: dal 5,3% della Germania al 26,2% della Spagna. Di fronte a questa realtà una sola ricetta di politica economica non basta. È necessario muoversi in molte direzioni perché l’austerità si era resa necessaria proprio per le riforme mancate nei primi anni della moneta unica. È ora necessario un impegno convergente per dare efficienza all’economia, guadagnare in produttività, migliorare i meccanismi dei mercati, ridare fiducia ai cittadini-consumatori. Ed è opportuno anche guardare agli elementi strutturali (e non solo congiunturali) e superare i vecchi schemi degli economisti classici legati molto alla moneta e poco alle scelte, spesso imprevedibili, delle persone. Qualche suggerimento lo si può trovare nel libro L’economia buona (Ed. Bruno Mondadori, 172 pagine, 14 euro) scritto da Emanuele Campiglio, giovane ricercatore alla New Economic Foundation La sfida tutta transalpina su Pomellato si deciderà forse sulla base del prezzo più alto da mettere sul tavolo