Cameron: barriere sul welfare
In vista della liberalizzazione del movimento dei lavoratori bulgari e romeni nella Ue Le limitazioni all’accesso saranno estese a tutti i cittadini non inglesi
Londra stringe i cordoni del welfare prima del 2014, quando le norme sulla libera circolazione dei cittadini saranno del tutto estese a Bulgaria e Romania. Il primo ministro britannico David Cameron ha annunciato ieri una serie di misure per arginare la generosità dell’assistenza pubblica che, a suo parere, rischia di essere sfruttata indebitamente dagli immigrati extra, ma anche intraeuropei. Le norme sulla libera circolazione, pietra angolare del mercato unico, gli hanno impedito di alzare barriere sulla possibilità di risiedere nel Regno, ma non, a suo avviso, di mettere fine alla richiesta "infinita" dei benefici garantiti dal welfare. Nel mirino del premier ci sono sussidi di disoccu- pazione, case popolari e servizio sanitario nazionale. «Creeremo un sistema - ha precisato - per il quale un cittadino dell’area economica europea (Ue estesa a Liechtenstein, Norvegia e Islanda n.d.r) non avrà più diritto, dopo i primi sei mesi, di mantenere automaticamente lo status di disoccupato alla ricerca di lavoro a meno che non sia in grado di dimostrare di essersi dato davvero da fare per un lavoro e di avere la qualifica necessaria per ottenerlo. Ci sono buchi nella maglia normativa che vanno chiusi». E Londra lo farà per mettere fine al sistema che David Cameron ha definito «something for nothing», ottenere qualcosa dallo stato in cambio di niente. Un concetto che Jonathan Portes, economista del Niesr (National institute ecnomic and social research )ha contestato. «L’impatto globale dell’immigrazione - ha detto - è a saldo positivo». Come dire che Londra ci guadagna. Non solo. Dati del ministero del lavoro indicano che il 17% di cittadini britannici chiede qualche forma di sussidio legato al lavoro a fronte del 7% di immigrati.
Sui numeri, in realtà, il dibattito è aperto, ma non c’è dubbio che sono stati proprio i teorici volumi dell’immigrazione da Romania e Bulgaria a muovere David Cameron verso una stretta che inevitabilmente immagina estesa a tutti i cittadini dell’Ue. Le norme attuali già ora, in linea teorica, pongono il limite dei sei mesi per l’indennità di disoccupazione a lavoratori immigrati, ma l’interpretazione lassa ha consentito gli abusi denunciati dal premier. La linea della fermezza emergente riguarderà anche l’assegnazione di abitazioni popolari. Le autorità locali avranno il mandato esplicito di creare liste di attesa dando la priorità a chi risiede da qualche anno nell’area dove si chiede l’abitazione. Downing street vorrebbe estendere il giro di vite al sistema sanitario nazionale, introducendo assicurazioni sanitarie obbligatorie agli immigrati dalle aree non Ue e mettendo fine al turismo sanitario a chi, cioè, nell’ottica del premier, sfrutta la qualità e la generosità inglese per l’assistenza del servizio pubblico. Infine l’approccio morbido all’immigrazione illegale, secondo David Cameron almeno, finirà con multe e contravvenzioni a chi dà ospitalità a irregolari.
Quello che il premier britannico ha tracciato è, in realtà, l’avvio di un nuovo contenzioso con l’Europa e proprio su quel terreno - il mercato interno, di cui la libera circolazione è caposaldo - che a Londra sta più caro. «Mi aspetto molti ricorsi alla Corte di giustizia - spiega Hugo Brady del Centre for european reform - perchè la libera circolazione è per certi aspetti un’area grigia. La Gran Bretagna la interpreta alla lettera come libero scambio di lavoratori non necessariamente di cittadini, mentre la Corte di giustizia la intende nell’accezione più ampia».