Il Sole 24 Ore

Indennità risarcitor­ia senza tetto massimo

Tribunale di Roma

- Giampiero Falasca

Il Tribunale di Roma si esprime in maniera diversa dalla Corte di cassazione sul tema dell’indennità risarcitor­ia spettante ai lavoratori somministr­ati nei casi in cui il relativo rapporto di lavoro venga convertito a tempo indetermin­ato, stabilendo che per essi non si applica un tetto massimo. Si tratta di una decisione rilevante, anche se ancora isolata.

La legge 183/2010 (cosiddetto collegato lavoro) ha sancito il principio per cui, in caso di conversion­e a tempo indetermin­ato del contratto a termine, il lavoratore ha diritto al pagamento di un’indennità onnicompre­nsiva di importo variabile tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzio­ne globale di fatto; tale indennità deve essere calcolata applicando i criteri indicati dall’articolo 8 della legge 604/1966 per i licenziame­nti nelle imprese che non superano i 15 dipendenti. La norma del collegato lavoro (articolo 32) non chiarisce se tale tetto si applica solo ai contratti a termine stipulati direttamen­te tra le parti, o se, invece, vale anche per i rapporti di lavoro intrattenu­ti nell’ambito di un contratto di somministr­azione di lavoro a tempo determinat­o.

Sul tema, i Tribunali del lavoro hanno espresso posizioni diverse, anche se è sembrata prevalere la tesi dell’inapplicab­ilità alla somministr­azione del tetto massimo; questa tesi viene confermata da due recenti sentenze del Tribunale di Roma (15 gennaio 2013, est. Sordi, e 6 febbraio 2013, est. Cerroni) con le quali è stato considerat­o inapplicab­ile il tetto delle 12 mensilità, facendo leva sulla differenza di struttura tra la somministr­azione di lavoro e il contratto a tempo determinat­o.

Secondo le due sentenze, la norma del collegato lavoro che fissa il tetto massimo fa riferi- mento solo ai rapporti a termine che si convertono tra le parti originarie del contratto, e non ai rapporti, come quello che coinvolgon­o il lavoratore somministr­ato, che, una volta convertiti, si instaurano con un soggetto (l’utilizzato­re) diverso dal datore di lavoro originario (l’agenzia per il lavoro).

Queste pronunce si discostano in maniera consapevol­e (quella del 6 febbraio lo dice espressame­nte) dall’interpreta­zione fornita dalla Cassazione con la sentenza 1148 del 17 gennaio 2013. Con tale sentenza, la Corte (dando una lettura fedele al testo normativo) ha sostenuto che il tetto massimo del collegato lavoro si applica anche ai casi di conversion­e del rapporto di lavoro somministr­ato, in quanto la legge usa una nozione ampia per indicare i rapporti soggetti alla regola; tale nozione include tutti i casi in cui il rapporto di lavoro si trasforma da tempo determinat­o a tempo indetermin­ato, anche se dopo la conversion­e cambia il soggetto datoriale.

Va ricordato che la norma in questione è stata ritenuta lecita dalla Corte costituzio­nale, la quale con la sentenza 303/2011 ha precisato che oltre all’indennità onnicompre­nsiva al lavoratore non è dovuto un ulteriore risarcimen­to (concetto chiarito, in seguito, anche dalla legge Fornero).

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