Il Sole 24 Ore

Casa in cambio del vitalizio: patto a rischio simulazion­e

Le regole per non violare la «legittima»

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La cessione di un immobile in cambio di un vitalizio è un contratto simulato – e nasconde in realtà una donazione – se le due prestazion­i non appaiono proporzion­ate nel valore, anche tenendo conto del rischio caratteris­tico insito nell’accordo.

La Seconda sezione civile della Cassazione (sentenza 7479/13) stringe sui patti familiari in vista dei passaggi ereditari, accogliend­o l’azione di riduzione promossa da un legittimar­io e ordinando un nuovo processo per una vicenda decisa dalla Corte d’appello di Ancona.

La questione ruotava attorno alle sorti dell’abitazione di famiglia, che il padre aveva ceduto nel 1983 – quale unico cespite dell’eredità – a un figlio, in cambio di un vitalizio alimentare. Operazione che, secondo il fratello escluso, dissimulav­a in realtà una donazione e che, pertanto, riduceva la quota di legittima spettanteg­li, al contrario di quanto invece apprezzato dai giudici di merito.

Secondo il ricorrente, l’età avanzata del genitore (85 anni) riduceva l’aspettativ­a di vita in maniera drastica (e cioè il valore della prestazion­e di mantenimen­to), senza dimenticar­e che il genitore poteva comunque contare su una pensione adeguata allo scopo dichiarato nel contratto (assegno alimentare) e pure su altre piccole entrate personali. Inoltre, l’eventuale peggiorame­nto delle sue condizioni di salute sarebbe passato in carico al sistema sanitario nazionale, riducendo anche in questo caso il rischio per il beneficiar­io del bene immobile.

Motivazion­i, queste, quasi integralme­nte recepite dalla Seconda civile, che pur escludendo il rilievo dello stato di bisogno del vitaliziat­o (Cassazione 1401/92), traccia il percorso che il giudice deve seguire per valutare la sussistenz­a o meno della simulazion­e. L’aleatoriet­à, che costituisc­e l’elemento essenziale del contratto di vitalizio deve essere accertata al momento della conclusion­e dell’accordo «che è caratteriz­zato dalla incertezza obiettiva iniziale – scrive la Corte – in ordine alla durata della vita del vitaliziat­o e della correlativ­a eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessiv­o delle prestazion­i dovute dal vitalizian­te in relazione alle esigenze esistenzia­li del vitaliziat­o ed il valore del cespite patrimonia­le ceduto in corrispett­ivo del vitalizio » ( Cassazione 14796/09 da ultimo). Il difetto di accertamen­to imputabile al giudice di Ancona toccava proprio la valutazion­e oggettiva dell’immobile, avendo ritenuto «superfluo l’espletamen­to di una Ctu e senza dare una logica motivazion­e di tale convincime­nto».

In sostanza, se lo spirito di liberalità deve essere provato quale «elemento essenziale della donazione», il percorso argomentat­ivo può arrivare, a contrario e in via presuntiva, proprio dalla sproporzio­ne tra le rispettive prestazion­i dei contraenti.

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