Inchiesta su Saipem, l’intelligence di Algeri avvia perquisizioni
La Procura di Milano sta cooperando con la Drs Agenti nella sede del gruppo in città
Nell’inchiesta sulle supposte tangenti che sarebbero state pagate dalla Saipem a funzionari pubblici algerini è entrato in scena il Département du Renseignement et de la Sécurité, o Drs, il servizio di intelligence di Algeri.
Il Sole 24 Ore ha appreso che nella giornata di ieri, funzionari dell’intelligence algerina hanno perquisito a tappeto sia la sede centrale del colosso ingegneristico italiano nella capitale del Paese nordafricano sia una sede secondaria. La notizia ha colto i vertici della controllata dell’Eni nel mezzo di un roadshow negli Stati Uniti.
Al nostro giornale risulta che la Procura di Milano stia cooperando con un magistrato locale algerino, ma quella condotta ieri dalla Drs sembrerebbe avere le caratteristiche di un’iniziativa extragiudiziaria.
L’inchiesta sulla vicenda algerina nasce da alcune informazioni bancarie fornite dalla procura federale svizzera ai colleghi milanesi. Indagando su flussi di denaro di intermediari e faccendieri algerini, gli inquirenti elvetici si sono infatti imbattuti in una ragnatela di società e conti gestiti da tale Farid Bedjaoui, un finanziere che opera tra Canada, Parigi e Dubai pronipote di Mohammed Bedjaoui, ex ambasciatore algerino in Francia e alle Nazioni Unite e ministro degli Esteri dal maggio 2005 al giugno 2007.
Dopo aver firmato un contratto di agenzia con una società di facciata registrata ad Hong Kong da Bedjaoui, la Pearl Partners Ltd, Saipem aveva beneficiato di una serie straordinaria di contratti da parte della Sonatrach, la compagnia energetica nazionale algerina. Nel luglio 2008 ce ne era stato uno da 2,8 miliardi di euro, nel marzo 2009 uno da 1,85 miliardi di dollari, nel maggio dello stesso anno un altro da 200 milioni di euro e nel giugno uno da 580 milioni di dollari. Tutti questi contratti erano stati puntualmente seguiti da pagamenti di ricche commissioni che Saipem ha bonificato a Pearl su conti bancari negli Emirati. E che poi sono stati in parte trasferiti su conti che la procura svizzera ha individuate.
Tra la casa madre italiana e le controllate in Francia e Portogallo, Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha poi appurato che il gruppo Saipem aveva trasferito almeno 197 milioni sui conti di Pearl, una società che non aveva né personale né uffici in Algeria e che apparentemente non ha mai fornito alcun servizio. Nel dicembre scorso l’Eni ha risposto a questi sviluppi cambiando i vertici di Saipem.
L’intervento ieri del Drs non sorprende chi conosce le questioni algerine. Dalla fine del 2009 è infatti proprio il servizio di intelligence in prima fila nella battaglia contro la corruzione nel settore dell’industria petrolifera nazionale. Forse anche con finalità politiche.