Frena l’export extra-ue
A febbraio un calo del 5,7% rispetto al mese precedente, mentre sull’anno l’incremento è del 2,1% Il crollo dell’import spinge la bilancia commerciale a un avanzo record
Gennaio aveva illuso ma gli ultimi numeri dell’export extra-Ue ridimensionano notevolmente l’entusiasmo.
Su base congiunturale, rispetto a gennaio, c’è addirittura un calo del 5,7%, mai così male da ottobre 2009, mentre su base tendenziale la crescita è limitata al 2,1%.
Ancora più marcata è però la frenata delle importazioni, giù di oltre 12 punti su base annua, con il risultato di spingere la bilancia commerciale ad un avanzo di 704 milioni, a fronte di un passivo di 1,49 miliardi dello stesso mese del 2012.
A rallentare le vendite di febbraio può aver in parte contribuito la presenza di una giornata lavorativa in meno rispetto all’anno precedente e tuttavia le performance geografiche sono quanto mai diversificate.
Il miglior risultato è per l’Africa Settentrionale, con una crescita di oltre il 20% n e l me s e e u n a q u o t a sull’export totale ormai arrivata al 3,5%, superiore a Cina e India insieme.
E proprio dai due colossi asiatici arrivano invece le maggiori delusioni del mese, perché dopo un gennaio in corsa, invertendo un trend negativo che aveva caratterizzato gran parte del 2012, a febbraio sono entrambi in calo, con frenate robuste tra il 7 e il 9%, co- sì come in retromarcia finiscono le altre economie emergenti del continente.
Lo stop principale arriva però dagli Stati Uniti, che nel corso del 2012 e anche a gennaio hanno rappresentato il principale motore del nostro export, sia in termini di crescita che dal punto di vista dei valori assoluti. Washington a febbraio si ferma invece ad un magro +2,1%, risultato tuttavia brillante se confrontato ai nostri acquisti dagli Usa, che lo scorso mese si sono ridotti del 22,1%.
Risultati migliori sono invece arrivati da Russia e Medio Oriente, nel primo caso con una crescita del 16%, nel secondo con un +6,9%.
Sottraendo dal totale i prodotti energetici, più volatili per le grandi oscillazioni nei prezzi, il bilancio di febbraio per la manifattura italiana è ancora più magro, con una crescita di appena lo 0,6% e addirittura un calo di quasi quattro punti per i prodotti intermedi.
La debolezza della nostra manifattura è però molto più eveidente guardando alla colonna degli acquisti, dove escludendo l’energia la frenata è vicina a dieci punti percentuali, con un picco del 18,1% nei beni di consumo durevole.
Un tracollo che unito al -10% delle importazioni di beni strumentali testimonia lo stato di un Paese al cui interno le imprese hanno timore ad investire mentre le famiglie limitano gli acquisti a ciò che è strettamente indispensabile, rinviando invece il più possibile le scelte per auto, moto ed elettrodomestici.
Se questo è il panorama nei mercati più dinamici, sarà difficile che l’aggiunta dei dati europei ai numeri dell’export di febbraio possa migliorare la situazione.
È invece più probabile che accada il contrario, considerando la debolezza cronica della Spagna ma soprattutto le crescenti difficoltà della Germania, nostro primo partner commerciale, capace negli ultimi mesi di performance solo nell’ambito dello "zero virgola".
E tuttavia i mercati più remoti restano l’unico ambito di crescita in un momento in cui tutti gli indicatori nazionali sono orientati verso il basso.
Una crescita robusta negli ultimi anni, tanto che per trovare un dato negativo su base tendenziale bisogna ormai tornare al lontano dicembre del 2009. Da allora la crescita è stata costante, tanto che oggi l’export extra-Ue vale per l’Italia il 46,3% del totale, tre punti oltre la performance realizzata dalla Germania.