Il Piano Napoli non prende il largo
Ancora fermo il progetto da 280 milioni di investimenti per ammodernare il porto La Ue contesta gli aiuti di Stato - Dassatti: intesa possibile sulla darsena
In ballo c’è il grande progetto per il Porto di Napoli, che prevede l’ammodernamento e l’ampliamento dell’area e delle attrezzature portuali dal valore complessivo di 280milioni, un vero tesoretto varato a Bruxelles. Progetto che in realtà è centrale per la realizzazione di altre opere, cosicchè si potrebbe arrivare a investimenti per 1,3 miliardi. Ma dopo una forte accelerazione, registrata tra 2011 e 2012, il grande progetto oggi muove pochi passi e con enormi difficoltà. E poiché i tempi per l’attuazione dei piani europei sono stringenti e i soldi daspendere sonotanti, si comprende bene quanto sia alta la tensione.
Dopo la nomina del commissario a capo dell’Autorità portuale di pochi giorni fa e quindi la confermadifattodell’ex presidente Luciano Dassatti, restano due le questioni più spinose. La prima consiste nell’opposizione dei petrolieri al progetto di tombamento della darsena petroli. Il secondo è tutto tecnico-giuridico e consiste nel convincere l’Unione europea che gli aiuti all’Autorità portualenapoletana non si debbano configurare come aiuti di Stato, quindi lesivi della concorrenza.
Partiamo da un breve excursus storico. È il 28 luglio 2011 quando il Comitato portuale approva le «Linee di indirizzo per lo sviluppo sostenibile», un documento che impegna l'Autorità portuale a rivedere il Piano regolatore. Il 12 agosto 2011 la Regione Campania invia alla Ue il Grande Progetto del Porto di Napoli. Ad ottobre Bruxelles lo dichiara ammissibile a finanziamen- to per un ammontare di investimenti di 280,5 milioni, ai quali si aggiungono95 milioni peril potenziamentodeiraccordidal porto alla rete ferroviaria nazionale. Intanto, il Piano regolatore viene approvato dal consiglio comunale e inviato al Consiglio superiore dei lavori pubblici. La procedura registra una accelerazione grazie all’impegno di istituzioni e parti sociali. Orail Consiglio superiore dei Lavori pubblici attende altra documentazione. Che dovrebbe arrivare quanto prima per evitare altri incagli.
Si spera nelle more di poter proporre una soluzione alla vertenza con le società petrolifere, autrici di ricorsi al Piano regolatore. A esse infatti il nuovo piano prescrive la delocalizzazione. Questione anticaper Napoli, e centrale per il recupero dell’intera periferia orientale. Nelporto di Napoliscorrono i pipeline che colleganol’ormeggio ai depositi. Ora si vorrebbe eliminare l’intera darsenaedislocare l’ormeggio su boe in mare. I petrolieri non ci stanno, sostengono che si tratti di «una soluzione che trasgredisce esigenzeoperative». Napoli, del re- sto, è il maggiore terminal italiano non collegato a raffinerie con approvvigionamenti per 4 milioni di tonnellate l’anno. Il neo-commissario Dassatti si mostra ottimista sulla possibilità di accordarsi su una soluzione tecnica. «Pensiamo a non una sola ma due boe – dice – e in casodi maltempopotremmostudiare di arrivarea terra. Siamo aperti a discutere a patto che si dia priorità a sicurezza e ambiente». Non meno spinosa la vertenza europea. Dopo aver giudicato il piano ammissibile, l’Ue ha sollevato il dubbio che gli aiuti possano ledere i principi della libera concorrenza. Chiarito infatti che il beneficiario sarebbel’Autorità portuale, soggetto pubblico, Bruxelles obietta che le banchineda ammodernaree ampliare sarebbero gestite da privati concessionari. La questione in questo caso è tutta nelle mani della RegioneCampaniaedelsuopresidente Stefano Caldoro. La Campania replica che al termine della concessione le nuove strutture verranno messe a gara, pertanto resteranno patrimonio del porto.