I cervelli in fuga? Trentamila all’anno
Asse tra Mip Politecnico e multinazionali per arginare il fenomeno
I numeri dei giovani italiani all’estero sono impressionanti: 42mila sono iscritti negli atenei di altre nazioni, secondo le stime i laureati che vivono fuori dai confini nazionali sono oltre 300mila e gli under 40 che ogni anno espatriano per non tornare indietro sono trentamila. Un patrimonio di talenti che il sistema produttivo italiano e le sue aziende non possono lasciarsi sfuggire in un momento di crisi come l’attuale segnato da tassi di disoccupazione giovanile superiori al 30% e da difficoltà di innovazione delle im- prese. Ed è per questo, e per trovare delle soluzioni in grado di arginare il brain drain, la fuga dei cervelli, che Procter&Gamble e il Mip, la School of Management del Politecnico di Milano, hanno organizzato una giornata di studio e riflessione alla quale sono stati invitati dirigenti italiani con un curriculum internazionale di importanti imprese globali, da Vodafone a Edison. «I Paesi più forti sono anche quelli che hanno politiche attive in grado di attrarre e mantenere il maggior numero dei talenti – ha sottolineato Gianluca Spina, presidente del Mip –: l’Italia importa manodopera non qualificata ed esporta i suoi migliori cervelli, laureati e ricercatori. Nel contempo, gli atenei non riescono ad attrarre studenti stranieri: ad oggi sono meno del 4% del totale degli iscritti. Nel lungo termine, que- sto riduce il valore del capitale umano del nostro Paese e impoverisce le imprese e la società nel suo complesso». Un handicap che pesa sia sul piano sociale sia su quello industriale: ogni anno il valore monetario generato dai brevetti depositati all’estero da ricercatori italiani è di oltre un miliardo di euro. «In Italia ci sono tanti talenti validi, con ottime basi accademiche e con skill come creatività, tensione all’innovazione e propensione al cambiamento che sono fondamentali per il mondo del lavoro – ha detto Filippo Passerini, chief infor- mation officer globale di P&G –. Purtroppo si è perso il valore della meritocrazia: i giovani sono disposti ad andare all’estero dove le protezioni del lavoro sono minori che in Italia perché vogliono avere riconosciuto il loro valore». E il valore delle persone deve essere al centro della mission di tutte le aziende: «Attrarre talenti è come attrarre investimenti – ha concluso il presidente di Vodafone, Pietro Guindani –. Purtroppo le difficoltà per riuscire a far arrivare da noi i migliori cervelli stranieri sono enormi: la burocrazia rallenta i tempi, i servizi sono insufficienti, la cultura è da svecchiare. E questi sono anche i motivi per cui i nostri migliori giovani vanno all’estero e tornano raramente».