Consumi contenuti e praticità d’uso confermano questi veicoli come la soluzione ideale per la mobilità urbana
Poco più di duecento chili (con il guidatore) invece di una tonnellata e mezza, 25 chilometri con un litro con emissioni contenute ai massimi livelli, grande agilità, pochi problemi di parcheggio e un’impronta a terra, cioè la superficie occupata in marcia o in sosta, che è una frazione di quella di un’automobile. Ecco in una sintesi, approssimativa ma realistica, quali sono i numeri del vantaggio che le due ruote hanno sulle quattro.
Non ci sono dubbi, lo scooter e la moto sono i mezzi più razionali, convenienti, pratici e intrinsecamente verdi. In una parola, sono quelli più sostenibili. E non solo in termini di emissioni e consumi.
Moto e scooter, beninteso, hanno due vocazioni di utilizzo ben diverse: la prima è spesso un oggetto di pura passione votata al piacere di guida, i secondi sono intrinsecamente utilitaristici e hanno da parte loro la facilità di guida (per tutti) e la praticità di impiego, certo il mal tempo e l’inverno li penalizza, ma in fondo con un copertina e una buona giacca (con le protezioni!) spesso si prende meno freddo che aspettare il tram sotto la pioggia.
Le due ruote (e anche le tre visto il diffondersi di mezzi come il Piaggio Mp3) offrono, a prescindere che siano un tranquillo ruote alte o una grintosa enduro, un grande contributo alla riduzione del traffico, all’abbattimento delle emissioni da autotrasporto in città e innalzano la qualità della vita e della mobilità di chi li impiega.
Tuttavia, a fronte di innegabili vantaggi ci sono alcuni elementi critici: fattori che ne penalizzano la diffusione e ne frenano ulteriormente la voglia di moto e le vendite in un momento in cui le immatricolazioni segnano cali a doppia cifra a causa della crisi e della contrazione di redditi e consumi.
Stiamo parlando di costi di manutenzione e gestione. Le polizze di assicurazione, è ormai noto, sono spaventosamente care, a un livello tale da spingere molti a rinunciare all’acquisito di veicoli nuovi o usati.
Altro punto critico sono i costi di manutenzione: ricambi con prezzi da gioielleria e tagliandi spesso molto onerosi. Proporzionalmente, sono più costosi quelli degli scooter a causa anche di parti soggette a forte usura come la cinghia di trasmissione o gli elementi dei cambi automatici a variazione continua. Inoltre, gli intervalli di assistenza sono fissati a scadenze ravvicinate (5/6 mila chilometri). E qui le case costruttrici devono inevitabilmente fare di più per calmierare i prezzi e avvicinare le due ruote alle auto. Piaggio, ad esempio con il recente motore 125 cc a tre valvole, montato anche sulla Vespa 946 8 (foto sopra, ancora non è in vendita ma è già un oggetto di culto) ha portato il chilometraggio tra un tagliando e l’altro a 10mila chilometri oltre ad aver ridotto i consumi del 30% rispetto all’"ottavo di litro" della precedente generazione. Il nuovo motore si accontenta di un litro di verde ogni 55 km alla velocità di 55 km/orari. Non se la ca- va affatto male anche il propulsore Honda che montato sui nuovi Sh 125i e 150i garantisce, secondo il dato medio dichiarato dalla casa, oltre 40 km con un litro. Insomma, due esempi pratici di quanto le due ruote siano ben sostenibili per l’ambiente e il portafogli e di quanto dovrebbero meritare anche in termini di attenzione da parte dell’ammini- strazione centrale e locale del nostro Paese. Sostenere, anche con iniziative tese a favorire la mobilità urbana con moto e scooter, fa bene all’ambiente, alla qualità dell’aria e soprattutto all’economia italiana e a un’industria che è una delle punte di massima eccellenza del nostro paese. Vanta gruppi multinazionali come Piaggio, marchi leggendari
La Vespa 946 incarna la quintessenza dello scooter italiano per antonomasia. Sarà in vendita a breve ed è già un oggetto di culto in virtù del suo design (Ducati, Guzzi, MV Agusta), fabbriche importanti in termini di occupazione diretta e di indotto (anche di case straniere come Honda ad Atessa), produttori di componenti di livello internazionale. E si tratta di imprese che, escluse le reti di vendita, generano un fatturato annuale di 5 miliardi di euro.