È il mezzo che piace di più Ma i governi lo sanno?
Secondo l’Isfort è la moto il mezzo di trasporto di cui gli italiani sono più soddisfatti. Peccato che i Governi che si sono succeduti alla guida del Paese dall’inizio della grande crisi deflagrata con il fallimento di Lehman Brothers ad oggi non lo abbiano saputo o abbiano fatto finta di non saperlo. Hanno infatti evitato di prendere qualsiasi provvedimento che potesse contrastare la gravissima crisi che ha fatto scendere le immatricolazioni dei modelli di oltre 50cc da 435.959 unità del 2007 a 206.422 del 2012 con un calo del 52,6%, mentre nello stesso arco di anni le vendite di ciclomotori e scooter fino a 50cc sono scese da quota 130.696 a 48.674 unità con un calo del 62,8%. Naturalmente i cittadini e gli operatori del settore hanno ripetutamente segnalato la difficile situazione che si stava creando, ma senza alcun esito. Il giudizio sull’inerzia governativa non può che essere severo per una serie di ragioni. Innanzitutto va ricordato che il processo di motorizzazione di massa nel nostro Paese non è cominciato soltanto con l’automobile, ma anche, e soprattutto, con i motocicli. L’immagine della famiglia in Vespa o in Lambretta con il padre alla guida, la madre sul sellino posteriore pudicamente seduta all’amazzone e il bambino in piedi sul predellino è un’icona degli anni 50, ma è anche un’icona del decollo della motorizzazione di massa nel nostro Paese che è avvenuto prima con la moto che con l’auto. E alla moto gli italiani sono rimasti fortemente affezionati per tutti gli anni che sono seguiti al decennio della ricostruzione dopo le rovine della guerra. Basti pensare che quello italiano è il maggiore mercato motociclistico europeo e oggi l’Italia ha il 27% del parco circolante del continente di moto e il 26% di quello dei ciclomotori.
La ricettività del mercato italiano e la possibilità di esportare su larga scala sono stati poi i fattori che hanno fatto sorgere nel nostro Paese un’industria motociclistica di grandissimo livello che purtroppo negli ultimi cinque anni ha visto chiudere, tra il disinteresse generale, anche marchi storici di grande prestigio.
Tra l’altro il comportamento dei pubblici poteri è colpevole per non aver fatto nulla per far fronte alle difficoltà di accesso al credito al consumo, né per evitare restrizioni al traffico non giustificate, né per predisporre parcheggi dedicati. Inoltre i pubblici poteri non solo hanno equiparato la moto all’auto per gli obblighi di revisione ma hanno anche consentito che pure per i pedaggi autostradali la moto venisse equiparata all’auto e, in generale, nulla hanno fatto per contrastare la crescita dei costi di esercizio. Sono stati così fortemente penalizzati soprattutto gli utenti economicamente più deboli che sono i giovani e i motociclisti del sud. Si dirà che nelle crisi economiche sono sempre coloro che hanno redditi più bassi a pagare i prezzi più alti. Ma i pubblici poteri non hanno anche il compito di proteggere i cittadini più deboli?
Alla fine del 2012 si pensava che per la moto (come per l’auto) la caduta delle vendite avesse ormai toccato il fondo. Non è stato così. Nei primi due mesi del 2013 si sono registrati cali su base annua del 23,6% per i modelli di oltre 50cc e del 30,7% per ciclomotori e scooter fino a 50cc.