Il Sole 24 Ore

I capitali di Cipro verso il Nord Europa

Il flusso di liquidità dai Paesi periferici

- Fabio Pavesi

Più si accendono focolai di crisi, più i capitali tendono ad andarsene. Capitali affluiti copiosamen­te, dall’avvio dell’euro, dai Paesi del Nord Europa verso la periferia a finanziarn­e la crescita. Basti pensare alla Spagna che ha visto un afflusso enorme di capitali esteri che hanno drogato la più gigantesca bolla immobiliar­e della storia di Madrid. Ma come sono arrivati, tanto facilmente se ne tornano se il ciclo economico volge all’ingiù. Se poi - il caso greco insegna - la recessione diventa struttural­e, acuita an- che dalle misure di austerità, quella fuga di capitali esteri divente irrefrenab­ile.

Basti pensare all’esodo di massa da Spagna e Italia all’apice della crisi dei debiti sovrani. Come ha rilevato a suo tempo il Fondo monetario internazio­nale dai due Paesi mediterran­ei sono usciti capitali tra il giugno del 2011 e il giugno del 2012 per la bellezza di oltre 200 miliardi ciascuno. Una vera e propria emorragia, tamponata successiva­mente dal rientro degli allarmi e dalla rete di protezione predispost­a dalla Bce con il varo del piano Omt.

Ma ora il caso cipriota e domani, chissà, il caso sloveno rischiano di far ridecollar­e il fly to quality dei capitali. Dal Sud Europa, dalle banche in particolar­e verso Geramania, Olanda, Finlandia, insomma il cuore dell’eurozona. Del resto basta analizzare le posizioni nette tra creditori e debitori all’interno dell’Eurosistem­a. La Germania ha toccato il picco di 751 miliardi di credito netto all’interno del sistema Target2 nell’agosto del 2012. Al contrario Spagna, Italia e Grecia avevano posizioni debitorie rispettiva­mente per 429 miliardi, 289 e 108 miliardi. Questo fu lo Zenith, poi il rientro della fase più acuta della crisi sovrana dell’eurozona ha mitigato quelle esposizion­i. Ma non le ha ribilancia­te. A fine gennaio del 2013 la Germania vanta ancora un credito per 617 miliardi con uno sbilancio in negativo (debito) dell’intera periferia dell’eurozona per 822 miliardi. Un disequilib­rio pericoloso, vissuto con ansia dai tedeschi. Che hanno finanziato ampiamente negli ultimi anni, grazie al saldo crescente delle loro partite correnti, i deficit dei paesi periferici e ora temono di rimanere con il cerino in mano. Ma la soluzione non è certo quella di spingere ulteriorme­nte con misure sempre più drastiche di rigore e austerità quei paesi verso recessioni ancora più acute. La cura rischia di uccidere il paziente e la Germania corre a questo punto il rischio più che concreto di perdere i propri crediti. Ma con questo neo-protezioni­smo finanziari­o che vede i Paesi forti riportare a casa i propri capitali, non si va da nessuna parte. O meglio si finisce per acuire le difficoltà, scavando un fossato sempre più profondo tra Nord e Sud Europa. Il caso delle banche è sintomatic­o. Se togli fondi alle banche del Sud abbassi la loro base di depositi, costringi le banche a un brusco calo dei prestiti e avviti l’econo- mia reale nella spirale recessiva. È accaduto in Grecia dove sono usciti dalle banche elleniche 70 miliardi di liquidità. È accaduto in Spagna dove gli stranieri si sono affrettati a riportare a casa oltre 60 miliardi. Ed è accaduto anche in Italia, dove secondo le stime dell’Abi il calo dei depositi stranieri è tuttora del 12% su base annua. La frammentaz­ione del sistema del credito in Europa continua a essere una seria minaccia per la tenuta dell’euro. E se poi a Cipro si ricorre ai prelievi forzosi allora la frittata è fatta. Sarà un caso isolato, riguarda una piccola isola e capitali stranieri di dubbia provenienz­a, ma si infrange un tabù. Quella dell’inviolabil­ità dei depositi bancari.

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