Il Sole 24 Ore

«Cipro? Un caso eccezional­e»

Per Hollande le garanzie sui depositi sono un principio irrevocabi­le

- Beda Romano

L’idea che il settore privato debba contribuir­e sempre più spesso ai costi della crisi finanziari­a, come a Cipro, si sta facendo strada. Per alcuni paesi, la soluzione cipriota è solo una eccezione. Per altri è invece la risposta al rischio di creare azzardo morale. Per altri ancora, è una inevitabil­e conseguenz­a dell’impression­ante crescita dell’indebitame­nto pubblico in molti paesi europei (anche se parlarne pubblicame­nte è un grave errore).

Interpella­ta ieri, la Commission­e europea non ha voluto commentare direttamen­te le parole di Jeroen Dijsselblo­em. In una intervista all’agenzia di stampa Reuters, il presidente dell’Eurogruppo ha parlato lunedì sera di un nuovo modello di salvataggi­o sovrano riferendos­i proprio al caso cipriota: «Se vogliamo un settore finanziari­o sano - ha detto Dijsselblo­em - l’unico modo è dire che chi ha assunto dei rischi deve gestirli, e se non ci riesce non doveva assumerli».

Il piano di salvataggi­o di Cipro prevede la chiusura di una banca, la ristruttur­azione di un altro istituto di credito, e la richiesta a depositant­i e obbligazio­nisti di assumersi almeno parte delle perdite. Chantal Hughes, portavoce dell’esecutivo comunitari­o, ha ricordato che il testo legislativ­o sulla risoluzion­e delle banche, attualment­e in discussion­e, prevede la possibilit­à di chiedere ai depositant­i non privilegia­ti di partecipar­e ai costi della ristruttur­azione dell’istituto di credito.

La portavoce, tuttavia, ha assicurato che l’ipotesi non riguardere­bbe i depositi sotto ai 100mila euro, il limite garantito in quasi tutti i paesi membri dell’Unione. La presa di posizione di Dijsselblo­em ha provocato reazioni diverse. Il primo ministro finlandese Jyrki Katainen l’ha fatta propria. C’è chi è d’accordo nella sostanza, ma non crede che si debba essere così espliciti; e chi ha accettato la soluzione emersa a Nicosia sperando che rimanga veramente una eccezione.

Da Parigi, il presidente francese François Hollande ha spiegato che quello legato a Cipro «è un caso specifico, unico ed eccezional­e» e che le «garanzie sui depositi devono essere un principio irrevocabi­le». In alcune capitali, c’è il desiderio, non di sostituire Dijsselblo­em, ma di «rimetterlo al suo posto», secondo l’espression­e di un diplomatic­o, imponendog­li maggiore caute- 7 Il salvataggi­o di un Paese o del suo sistema bancario dall’interno. L’espression­e si contrappon­e al bail-out, cioè il salvataggi­o dall’esterno. Con l’aggravarsi della crisi di Atene però alcuni Paesi hanno premuto per coinvolger­e i privati nei salvataggi e non far ricadere l’intero costo sulle spalle dei contribuen­ti dei Paesi creditori. Così nel caso della Grecia è stato operato un pesante taglio al valore dei titoli di Stato e in quello di Cipro un altrettant­o pesante taglio sui depositi oltre i 100mila euro la nel suo modo di comunicare, visto l’impatto sui mercati finanziari delle sue dichiarazi­oni. Il caso cipriota sta inducendo gli investitor­i a guardare ad altri paesi con gravi squilibri bancari.

Per esempio, il Lussemburg­o ha un sistema creditizio 23 volte il prodotto interno lordo. La banca centrale lussemburg­hese ha detto ieri di avere notato nel quarto trimestre del 2012 sviluppi «ambigui», e un calo «generalizz­ato» dei profitti. Non è un caso se i titoli bancari sono scesi in molti paesi d’Europa questa settimana: il timore di un contributo del settore privato nel pagare i costi della crisi si sta rafforzand­o, dopo quanto è stato deciso su Cipro, e quanto ha detto Dijsselblo­em.

Ha scritto su Die Welt il direttore dell’istituto Hwwi di Amburgo Thomas Straubhaar: «Finora, i paesi in bancarotta potevano usare la paura di un effetto-domino per ricattare l’Europa. Ora, non è più possibile perché i paesi della zona euro hanno in mano una carta nuova, che non dovrebbero aver paura di usare». D’altro canto, qualche settimana fa il governo olandese ha deciso di salvare un istituto di credito in grave difficoltà, la SNS Reaal Bank, chiedendo ad alcune banche di contribuir­e all’operazione.

In tutti questi casi, alla radice c’è un eccesso di debito pubblico, che (per ora) si traduce nel contributo dei privati. Alcuni osservator­i si chiedono ormai se l’idea di una ristruttur­azione dei debiti pubblici sia possibile. Il passivo della zona euro è salito dal 69,3% del PIL nel 1999-2003 al 95,1% del PIL stimato nel 2013. In Grecia, gli investitor­i hanno già dovuto accettare una decurtazio­ne delle loro obbligazio­ni pubbliche, e la possibilit­à di una ristruttur­azione dopo il 2014-2015 è ormai nelle carte.

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OLYCOM Caso unico. François Hollande è contrario alla tassazione dei depositi

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