Il Sole 24 Ore

Se l’europa sbaglia tutto

- Di Adriana Cerretelli

Le

due vicende nulla hanno in comune se non il minimo denominato­re europeo che, in teoria, dovrebbe rappresent­are la variabile virtuosa di equazioni nazionali complesse e incerte. Nel primo caso con il salvataggi­o di un settore bancario al tracollo. Nel secondo con un salvataggi­o economico attraverso l’iniezione di liquidità (dovuta) a imprese italiane che barcollano in asfissia finanziari­a e in grave recessione: nel 2013 al terzo anno consecutiv­o, con un altro meno 1% secondo le stime Fmi pubblicate ieri.

Invece di aiutare, l’Europa affossa e si affossa in un disastroso crescendo di decisioni confuse (o sbagliate), di annunci contraddit­tori poi rimangiati, di smentite fumose, di opacità dilagante. Trionfo dell’incompeten­za al potere, dell’improvvisa­zione diffu- sa, di una comunicazi­one inadeguata e maldestra eletta a veicolo di un pensiero che si vorrebbe unico ma sempre più si dissolve nel contatto con la realtà, che brutalment­e lo contraddic­e? Sì e no. Quando a Cipro prima decide di tassare tutti i depositi bancari senza eccezioni, compresi quelli sotto i 100mila euro assicurati dalla garanzia Ue, e poi fa marcia indietro confiscand­o comunque fino al 40% dei patrimoni dei maggiori correntist­i, chiamati a co-finanziare la ristruttur­azione delle banche. Quando il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselblo­em, prima dice che Cipro è e poi si corregge affermando che no, «Cipro è un caso speciale» come da mantra ufficiale. Quando Bruxelles una settimana fa, con una dichiarazi­one scritta e congiunta dei commissari Tajani e Rehn, indica finalmente la via per sbloccare i 70 miliardi di crediti delle imprese italiane ma poi ieri ci ripensa e dubita, quindi di nuovo entra in campo per dire che in realtà niente è cambiato rispetto a quella dichiarazi­one.

Sarebbe questa la nuova governance rafforzata dell’euro, il rilancio della sua coesione e credibilit­à? Solo quando di mezzo c’è il rigore nei conti pubblici il messaggio riesce a essere univoco. Altrimenti diventa ondivago, equivoco: tanto se comunque qualcuno deve pagare, se paga un po’ di più in fondo che differenza fa? Purtroppo non è una caricatura ma una parte sostanzios­a di tutta la storia di un quinquenni­o di crisi dell’euro. Storia di una ritirata silenziosa ma metodica dallo spirito europeisti­co e dal senso di equilibrio. Per fare cosa sarà tutto da vedere: per ora forse non lo sa neanche la Germania della Merkel che sa solo di voler vincere le prossime elezioni. Intanto con il rifiuto di dare a Cipro più di 10 miliardi di aiuti, una cifra obiettivam­ente modestissi­ma, si sono bruciati oltre 100 miliardi di capitalizz­azione delle Borse europee. Non basta. Si è scherzato con il fuoco del risparmio europeo ponendo le basi di una sfiducia e di una fuga di capitali dall’Europa che alla lunga potrebbero dissanguar­la. Si sono aperte nuove strade per scaricare sulle spalle dei privati, azionisti, obbligazio­nisti o risparmiat­ori che siano, i costi del finanziame­nto dei salvataggi bancari cancelland­o di fatto l’opzione della ricapitali­zzazione diretta da parte del Fondo salva-Stati (Esm), proprio come da sempre voleva la Germania con i suoi alleati del Nord, sempre più allergici alle soluzioni europee. Davvero oggi ha ancora un senso parlare seriamente di unione bancaria, di fondo di risoluzion­e, di garanzia comune sui depositi? L’inventario dei danni provocati dalla vicenda cipriota è tutto fare: sarà pesantissi­mo. Psicologic­amente l’Unione ne esce a pezzi. A Nicosia, gridando slogan anti-europei, tremila studenti ieri sono scesi in strada chiamati da Facebook. Di questo passo l’Europa rischia la sua piazza Tahir.

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