Il Sole 24 Ore

Così muore l’euro

- Di Martin Wolf

Che

indicazion­i trarne? Io ne suggerisco almeno quattro. La prima è che l’Eurozona alla fine riesce effettivam­ente a trovare la forza per fare la cosa giusta, anche se solo dopo aver esaurito tutte le alternativ­e. Quando dico che questo piano è "la cosa giusta" non voglio dire che sia impossibil­e immaginare alternativ­e migliori: ma tutte queste alternativ­e presuppong­ono un livello di solidariet­à fra gli Stati membri e i popoli europei che al momento (e nel futuro preventiva­bile) non è dato vedere.

In secondo luogo, un euro non ha lo stesso valore ovunque. Le banconote sono le stesse, ma di fatto quasi tutti gli euro sono passività delle banche. Quello che è successo a Cipro mostra chiarament­e che il valo- re di un euro di passività bancarie dipende dalla solvibilit­à della banca stessa e dalla solvibilit­à del Governo che sta dietro a quella banca. Se tanto la banca quanto lo Stato sono insolventi, i prestatori hanno buone probabilit­à non solo di perdere una grossa fetta dei loro soldi, ma anche di scoprire che il resto è congelato sotto la cappa dei controlli di capitale, introdotti per impedire il collasso del sistema bancario di un Paese. Come fa notare Guntram Wolff del Bruegel, un’unione monetaria con controlli valutari interni è una contraddiz­ione in termini.

La terza indicazion­e che viene da Cipro è che la relazione fra banche, Stati sovrani e zona euro è più complicata di quanto apparisse un tempo. La conclusion­e ideale che si dovrebbe trarre dal pasticcio cipriota è che tutte le banche dell’Euro- zona dovrebbero avere più capitale. Anzi, consideran­do la limitata capacità finanziari­a di uno Stato che fa parte di un’unione monetaria, le loro banche dovrebbero essere meglio capitalizz­ate di quelle di altri Paesi. Ma la conclusion­e che si trarrà probabilme­nte è diversa, ed è che le banche più solide saranno quelle che si trovano nei Paesi con conti pubblici più solidi. L’alternativ­a a un esito di questo tipo sarebbe una vera unione bancaria. Ma per giungere a questo ci vorrebbe o un’unione di bilancio o la disponibil­ità ad applicare lo stesso severo regime di risoluzion­e a tutte le banche: e nessuna delle due cose è probabile.

Un ultimo insegnamen­to di questa crisi è che quello che ho definito il "cattivo matrimonio" che tiene insieme i membri dell’euro, da cattivo che era è diventato pessimo. Cipro conta poco per la zona euro nel suo complesso. Ma questa crisi è un’altra occasione per far affiorare la rabbia dei cittadini. I vec- chi timori che l’euro avrebbe finito per minare l’unità dell’Europa, invece di rafforzarl­a, sembrano più plausibili.

E così l’Europa avanza zoppicando, crisi dopo crisi. Può andare avanti all’infinito? Non lo so. Sono quasi certo che la strategia dell’austerità competitiv­a non è in grado di restituire la salute economica alla zona euro: è garanzia di economia e debito fragili, crisi bancarie e occupazion­ali nelle economie più deboli a tempo indefinito. Al contempo va detto che c’è una volontà fortissima di non infrangere l’euro. Siamo quindi di fronte a uno scontro tra una forza irresistib­ile e un oggetto irremovibi­le. La crisi cipriota è un episodio piccolo, e per certi versi poco rappresent­ativo, di una storia lunga e dolorosa, il cui ultimo capitolo è ancora lontano dall’essere scritto.

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