Il Sole 24 Ore

Terzi lascia a sorpresa, sconcerto del Quirinale

Dimissioni alla Camera: «Contrario al rientro dei marò in India» - Ira di Napolitano: irrituale, non informato

- Marzio Bartoloni

La Caporetto diplomatic­a dei due marò deflagra all’interno del Governo. Tra lo «stupore» di Palazzo Chigi e lo «sconcerto» del Quirinale il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha deciso alla fine di fare un passo indietro. La bomba delle dimissioni del numero uno della Farnesina è esplosa a sorpresa ieri pomeriggio alla Camera dove era atteso per l’informativ­a sui marò rispediti in tutta fretta in India nei giorni scorsi per essere giudicati da un tribunale speciale. Uno strappo in piena regola, quello dell’ex ambasciato­re prestato alla politica, che suona come uno schiaffo al Governo tecnico di cui faceva parte fino a ieri. Perché né il premier Monti, che oggi riferirà alle due Camere, né Napolitano, che ieri sera ha affidato l’interim degli Esteri al premier salito in tutta fretta al Quirinale, erano al corrente della scelta di Terzi. Da qui l’irrita- zione del capo dello Stato per dimissioni di cui non solo era all’oscuro ma che Napolitano ha considerat­o «irrituali».

Durante il suo intervento alla Camera il ministro legge un foglio, seduto al suo fianco c’è il collega della Difesa, Gianpaolo Di Paola. Terzi lamenta di essere stato «lasciato da solo» a ge- stire tutta la vicenda dei marò e lancia il primo affondo: «Ero contrario al loro ritorno in India», spiega ai parlamenta­ri che restano di stucco. Ma assicura che la «gestione è stata collegiale», nel senso che la Farnesina non ha mai agito «per i fatti suoi» e «tutte le istituzion­i» erano informate e d’accordo sulla decisione di trattenere in Italia i due militari. Il ministro della Difesa Di Paola in aula prende subito le distanze da Terzi («le sue valutazion­i non sono quelle del Governo») e da ammiraglio avverte che non «abbandoner­à la nave in difficoltà con Massimilia­no e Salvatore a bordo, fino al mio ultimo giorno di governo».

Più tardi Terzi spiegherà di aver maturato la decisione dopo la riunione a Palazzo Chigi durante la quale doveva essere concordato il testo da presentare alle Camere. Una riunione nervosa durante la quale Terzi aveva «espresso nuovamente» tutte le sue riserve al premier. Ma rimaste «inascoltat­e». Da qui la decisione successiva delle dimissioni per salvaguard­are «l’onorabilit­à del Paese».

I boatos di Palazzo parlano però anche di una voglia di vendetta consumata ieri da Terzi contro Monti anche in vista di un possibile abbraccio futuro con il Pdl, il partito che stava per candidarlo alle ultime elezioni. E infatti in aula è il partito di Berlusconi e i suoi satelliti a prendere più di tutti le difese del ministro. In particolar­e la pattuglia degli ex An di Fratelli d’Italia: «Candidare Terzi? Mai dire mai. Non ho mai nascosto la stima per la persona», ha detto tra gli altri Ignazio La Russa che sembra fosse a conoscenza delle intenzioni del ministro. E se il segretario del Pdl Alfano sottolinea «il gesto coraggioso e dignitoso» del ministro, il capogruppo alla Camera Brunetta si scaglia contro il premier Monti: «Se avesse un briciolo di buon senso, trarrebbe subito le conseguenz­e di questa incredibil­e vicenda». Da Domenico Rossi ex sottocapo di Stato Maggiore dell’esercito e ora deputato di Scelta civica arrivano invece le critiche per Terzi colpevole di non «aver manifestat­o pri- ma i suoi dubbi». Mentre dalle fila del Pd, Lapo Pistelli utilizza una metafora: «Questo è un po’ l’8 settembre del governo tecnico». Per il Movimento 5 stelle parla invece Alessandro Di Battista che più tardi incasserà anche l’apprezzame­nto del presidente della Camera, Laura Boldrini: «Pretendiam­o di essere informati in maniera chiara e trasparent­e. Abbiamo ascoltato le vostre argomentaz­ioni, ma non siamo soddisfatt­i. Non ci bastano le dimissioni, vogliamo capire e capire bene».

In aula esplode anche la rabbia di Giovanna Ardito, moglie di Salvatore Girone uno dei due marò, che dalle tribune di Montecitor­io urla al Governo di «riportare a casa» il marito. Seduta vicino a lei c’è anche Franca Latorre, sorella di Massimilia­no, l’altro fuciliere italiano detenuto in India che rischia insieme al collega 7 anni di reclusione.

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