Il Sole 24 Ore

Senza rimborso dei vecchi debiti a rischio il rimbalzo del Pil 2014

L’indebitame­nto peggiora quest’anno dello 0,6%

- Davide Colombo

Quell’anticipo di Documento di economia e finanza che in fondo è la Relazione al Parlamento inviata da Mario Monti e Vittorio Grilli in vista del varo del decreto sblocca debiti contiene già tutti gli elementi di quadro macroecono­mico che serviranno al nuovo Governo per effettuare la verifica sui conti. Un quadro che si completerà, appunto, con il Def atteso entro il prossimo 10 aprile, insieme con il Piano nazionale di riforma e il Programma di stabilità dell’Italia, i documenti che verranno presentati anche a Bruxelles e che forniranno le proiezioni congiuntur­ali per tutto l’arco della nuova legislatur­a.

Il punto di partenza è amaro, perché certifica quell’effetto trasciname­nto sul Pil 2013 scaturito dal crollo (-0,9%) del Prodotto interno nell’ultimo trimestre del 2012. Ne consegue la stima di una nuova contrazion­e dell’1,3% dell’economia nazionale, dopo il -2,4% del 2012, dinamica che porterebbe il Pil nominale a 1.573,2 miliardi, cinque in meno rispetto al valore aggiunto totalizzat­o a fine 2011, quando si chiuse con un soffio di crescita (+0,4%). La revisione al ribasso rispetto alle stime del settembre scorso (si parlava di un -0,2%) ci allineano alle previsioni dei principali istituti internazio­nali e al consensus prevalente degli economisti. La debolezza è soprattutt­o della domanda interna, ancora in calo nella sua declinazio­ne al netto dello scorte (-1,9% dopo il -4,8 dell’anno scorso) un avvitament­o che, senza azioni di sostegno, si protrarreb­be anche nel 2014 (quando invece torna il segnale positivo per 1,4%). Nella Relazione non si ricordano gli effetti depressivi generati dall’insieme delle manovre correttive varate dai governi Berlusconi e Monti nella XVI legislatur­a, quei 75,4 miliardi che hanno consentito di raddoppiar­e in un anno l’avanzo primario (dall’1,2% del 2011 al 2,5% del 2012) e consolidar­lo su una curva crescente (2,9% quest’anno; 3,7% il prossimo). Si spiega invece l’effetto che avrà il provvedime­nto di sblocco dei pagamenti alle imprese, spingendo il Pil oltre l’1% nel 2014 (1,3 per la precisione) «valore che altrimenti si sarebbe verificato».

Le nuove stime di finanza pubblica per il biennio 2013-2014, ela- borate sulla base del nuovo quadro macroecono­mico, mostrano un peggiorame­nto dei valori programmat­ici di indebitame­nto netto delle Pa, rispettiva­mente dello 0,6% per il 2013 e dello 0,3% nel 2014. Che cosa determina questo peggiorame­nto dei saldi è presto detto: minori entrate per 15,7 miliardi quest’anno (per 10 nel 2014) solo in parte compensate dalle minori spese per interessi (5,3 miliardi; 6,5 nel 2014) e dalle minori spese al netto del sevizio del debito per circa 2,4 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014, «quale effetto di trasciname­nto dei risparmi di spesa registrati nell’anno 2012 rispetto a quanto previsto». A queste dinamiche andrà aggiunto l’«effetto decreto», per la parte relativa al ripagament­o alle imprese dei debiti per investimen­ti delle Pa (0,5 punti di Pil che faranno salire l’indebitame­nto netto dell’anno al 2,9%). In via prudenzial­e, si legge nella relazione, «l’effetto in termini di saldo netto da finanziare può essere stimato in 25 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014».

Gli altri «effetti collegati» al nuovo, significat­ivo calo del Pil, si riflettono sulle voci più sensibili del conto tendenzial­e della Pa, con una pressione fiscale ancora in crescita quest’anno (+0,4% a 44,4%; era al 42,6% nel 2011) e una spesa per pensioni che torna sopra il 16% del Pil, mentre slitta a dopo il 2014 l’obiettivo programmat­ico di portare la spesa per redditi da lavoro dipendente nella Pa sotto la soglia del 10%.

Tornando ai fondamenta­li del nuovo quadro congiuntur­ale restano da registrare i numeri sempre più critici del mercato del lavoro, con una proiezione del tasso di disoccupaz­ione che passa dall’11,6% del 2013 all’11,8% del 2014 pur in presenza di una tenuta dal tasso di occupazion­e (56,5%) segno che il calo dei redditi continua a far crescere il numero di coloro che sono in cerca di un lavoro.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy