In Italia troppo rigore e poca equità sociale
Dialogo tra Valentini e don Sciortino
Come giudica la linea del rigore e dell’austerità, introdotta dal governo tecnico di Monti in nome dell’unità europea, rispetto al valore dell’equità sociale? Quando nel giugno 2012 mi è capitato di intervistare il presidente Monti, presso la mensa per i poveri della Comunità di Sant’Egidio a Roma, nel porgergli una domanda gli ricordavo che era stato chiamato da Napolitano per risanare i conti dell’Italia. Il Professore mi ha bloccato e con la sua fine ironia, all’inglese, mi ha precisato: «La sua espressione "risanare i conti dell’Italia" è riduttiva. Il presidente Napolitano non mi ha chiamato per risanare i conti dell’Italia, ma per evitare al Paese il rischio Grecia, che è cosa ben diversa». (...)
Il programma del governo Monti era basato su tre cardini: rigore, equità esviluppo. Nell’intervista citata, alla domanda che evidenziava come gli italiani avessero percepito o, meglio, subìto, solo la fase del rigore e nient’altro, il presidente Monti ha confessato che, per l’80% del tempo, «siamo stati impegnati a rimetterein sicurezza il Paese, devastato dall’imprevidenza e dalla disattenzione per il futuro». E che «primaancoradiricostruire, abbiamodovutotogliere relitti dal terreno». (...)
Unaprospettivapiùumana, gli horibadito, devecontemplare assieme al rigore una più equa distribuzione degli oneri. Cosa che non c’è stata: il peso della crisi è gravato soprattutto sulle famiglie con figli, i lavoratori dipendenti, i pensionati. I "soliti noti", sempre tartassati a ogni cambio di governo, spremuti come limoni, con pensioni da fame mentre il costo della vita si impenna, e stipendi che non bastano per arrivare a fine mese. (...) Per lei che cosa significa maggiore equità? Più equità vuol dire una più equa distribuzione delle ricchezze del Paese. Oggi, in Italia, il 10% della popolazionepossiedeil 50% deibeni della nazione. Èunasituazione da Terzo Mondo, daPaesi africani o sudamericani guidati da presidenti dittatori o populisti. Se si introducesse una tassa patrimoniale sui grandi capitali, questa non cambierebbe la vita ai ricchi. Invece, anche pochi euro in più oin meno, fanno la differenza per i magri bilanci di tantissime famiglie.
Più equità sociale significa una lotta serrata alla corruzione e all’evasione fiscale, che sottraggono alle casse dello Stato e, quindi, ai servizi destinati ai cittadini, centinaia di miliardi di euro all’anno. Unacifra colossale, che servirebbe a finanziare scuole, ospedali, assistenza ad anziani e disabili. E, soprattutto, sarebbero risorse preziose per sanare quella piaga sociale, priorità delle priorità, che è la disoccupazione giovanile, ormai insostenibile. (...)
PensacheinunoStatomodernosipossanoeffettivamente coniugare efficienza e solidarietà?
A mio parere, in uno Stato moderno non solo si possono ma si devono coniugare efficienza e solidarietà. Nellastoria dei Paesi occidentali, loStato sociale harappresentato la forma più avanzata di buona società. Anzi, secondo diversi economisti, sarà ricordato come la più grande conquista del ventesimo secolo, cui non è estraneoilcontributodel pensiero cristiano ela suadot- trina sociale. Basti solo ricordare l’economista e sociologoGiuseppe Toniolo, fondatore tra l’altro delle Settimane sociali dei cattolici italiani, beatificato da Benedetto XVI nell’aprile del 2012.
LoStatosocialeè possibile grazie aunapolitica fiscale che riconosce e promuove non soltanto i diritti individuali, masoprattutto i diritti sociali della persona, come l’istruzione, la salute, la casa, la pensione, il salario minimo di disoccupazione. Diritti riconosciuti dalla Costituzione italiana, una delle migliori costituzioni al mondo, soprattutto nella prima parte, quella relativa ai diritti sociali e alla solidarietà. Per lo meno sulla carta, perché poi l’attuazione concreta è altra cosa. (...)
Ha futuro in Europa il welfare State? Oppure un Paese come il nostro non se lo può più permettere?
(...) Il modello occidentale di welfare State è messo indiscussione anchein Italia, dovelaspesasociale èstata falcidiata con tagli tanto drastici quanto immediati, se non retroattivi. Tutti i fondi sono stati quasi del tutto svuotati. Verrebbe da dire "c’era una volta il welfare in Italia". L’austerità ha sottratto ingenti risorse alla spesa sociale con dolorose conseguenze sui poveri e sulle fasce più deboli della popolazione; su quelli che faticano a vivere o si sentono abbandonati dalle istituzioni: anziani, disabili, persone sole, malati. Se è necessario che anche la spesa sociale vada rivista, per evitare inefficienze e risanare i bilanci dello Stato, sarebbe un grave errore smantellare il welfare State, un modello che non è superato. Rischiamo che, mentre altri guardano al modello europeo per imparare da noi e copiarlo, noi tentiamo di smantellarlo.
Il volume di Giovanni Valentini, di cui proponiamo uno stralcio per concessione dell’editore Aliberti, è un dialogo con don Antonio Sciortino
direttore del settimanale Famiglia Cristiana, sulla nuova Chiesa di Papa Francesco. Il libro, con la prefazione di Eugenio Scalfari, considera la Chiesa nel suo rapporto con la morale, l’economia, la politica e i mass media.