La responsabilità corre sul confine vendite-appalti
Difficile distinguere tra appalto e altra forma contrattuale di prestazione di servizi. Applicandosi esclusivamente ai contratti di appalto e subappalto, la disciplina tributaria della responsabilità solidale da parte dell’appaltatore e della sanzione applicabile al committente (articoli 35, Dl 223/2006) sta mettendo a nudo una particolarità del nostro sistema produttivo, ossia quella di operare anche per importi significativi senza "battezzare" la tipologiacontrattuale sottostante al rapporto. Si opera (e d’altronde il comportamento non viola alcuna norma specifica) con "ordini", spesso verbali o spediti via fax, con cui si chiede una determinata prestazione, spesso seguendo iter procedurali già in uso da anni e quindi perfettamente noti a entrambe le parti. Purtroppo, intervenire a posteriori per distinguere tra appalto, vendita, opera osubfornitura è sempre complicato, dovendosi interpretare i documentipostiin essere edil comportamento tenuto dai contraenti, per individuare, di volta in volta, la prevalenza dei connotati di questa piuttosto che di quell’altra formula contrattuale. Una dimostrazione di quanto sopra viene dai molti quesiti che stanno giungendo al "il mio giornale" sul tema. Tra essi c’è chi si interroga su unalavorazione di lamiere, acquistate "in fogli" dalla società prestatrice, con la quale viene realizzato, su precisi disegni forniti dal committente, il prodotto da quest’ultimorichiesto. Nonostante l’attività venga documentata con una fattura "di vendita" pare, dalle informazioni fornite, che sia "il fare" a prevalere "sul dare", essendo il prodotto realizzato "su misura" ed in base alle specifiche esigenze dettagliatamente fornite dal cliente. La distinzione (tra appalto e cessione) si può ricavare dalla risoluzione n. 220/E/2007, secondo cui «quando il programma negoziale ha quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente, o a consentirne la fruizione, senza modificarne la natura, il contratto è senz’altro qualificabile quale cessione con posa in opera. Al contrario, se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato». Escludendosi il contratto d’opera (data la struttura del prestatore, che è una società di capitali), si potrebbe, invero, ricadere nel contratto di subfornitura (legge n. 192/1998), che è stato escluso dagli obblighi della responsabilità solidale dalla circolare n. 2/E/2013. Con tale contratto, l’imprenditore si impegna a effettuare, per conto di una impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesi- ma, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli oprototipi forniti dall’impresa committente. Ma anche questocontratto ha le sue caratteristiche, tra cui l’esigenza di forma scritta a pena di nullità. Appare, quindi, importante, formalizzare con il committente non solo le modalità di esecuzione, ma anchela natura del contratto in esse- re tra le parti. Ancora più difficile èil caso proposto daunaltro lettore, che sottolinea il comportamentononomogeneotra le società concessionarie di spazi pubblicitari sul rilascio delle attestazioni. In proposito, assume importanza l’obbligazione dedotta in contratto: ove vi sia la sola messa adisposizione di spazi pubblicitari e null’altro, non si dovrebberavvisare un vero e proprio appalto, che, invece, è riscontrabile laddove (come spesso accade) la società pubblicitaria intervenga anche sulla ideazione e realizzazione del "messaggio", sulla predisposizione dei supporti.