Il Sole 24 Ore

Lactalis non vuole depredare Parmalat

La difesa del presidente Tatò

- Simone Filippetti

Lactalis non è affamata della liquidità di Parmalat. Il più grosso produttore italiano di latte pagherà una mini-cedola e questo ha messo di malumore il mercato. Ma con la tempesta che si sta addensando sopra Parmalat, finita nel mirino della Procura, quella è stata una scelta quasi obbligata. «L’azionista di maggioranz­a, Lactalis, non ha interesse di danneggiar­e la società: non c’è fame di liquidità» ha dichiarato ieri il presidente Franco Tatò. Un messaggio indiretto anche alla Procura che ha chiesto di azzerare il cda perché Lactalis avrebbe spolpato la liquidità dell’azienda facendole comprare, in conflitto di interesse, la società cugina Lag.

E tuttavia proprio grazie a Lag, Parmalat ha archiviato il miglior bilancio della sua storia, con ricavi che hanno sfondato i 5 miliardi e utili stabili. Perchè l’Italia accusa un calo di oltre il 3%, e se la crisi va a toccare anche generi alimentari di base come il latte, ha notato il dg Antonio Vanoli, questo dà il senso della profonda recessione del paese. Alla luce di questo contesto, e visto che l’Italia era il primo paese per Parmalat (ora è scivolato al terzo posto) il «cda è soddisfatt­o per i conti» .

Dopo mesi di critiche e attacchi, ieri Parmalat è finalmente uscita allo scoperto. Tatò ne ha avuto anche per la stampa che ha parla di una cedola dimezzata e contro Azione Parmalat, l’associazio­ne di piccoli risparmiat­ori che la settimana scorsa aveva sbeffeggia­to l’azienda, notando come Parmalat avesse raggiunto il doppio record di ricavi più alti di sempre e cedola più bassa di sempre. Tatò ha replicato a distanza spiegando che il dividendo in taglia extra small è stato condiziona­to da un mix di fattori: primo, le regole del fallimento del gruppo Parmalat che limitano il payout al 50% (quindi Parmalat non può distribuir­e mai più della metà degli utili). Secondo, e soprattutt­o, la causa con il fondo pensione degli insegnanti dell’Ontario che ha costretto la Parmalat Canada a pagare 131 milioni di euro (c’era una clausola di cambio del controllo, scattata sotto la vecchia gestione di Enrico Bondi).

La liquidità residua di Parmalat (dopo la contestata acquisizio­ne di Lactalis), pari a 800 milioni di euro, è investita in depositi bancari in continuità con la precedente gestione Bondi, ha tenuto a precisare il Cfo Pierluigi Bonavita.

Chiarament­e l’attesa è tutta rivolta al Tribunale: «Stiamo aspettando la risposta. La giustizia sta facendo il suo lavoro e noi come manager gestiamo l’azienda» è stato il neutro commento di Yvon Guerin, ad di Parmalat, ventilando l’ipotesi di acquisizio­ni in paesi emergenti. L’ad, uomo di fiducia della famiglia Besnier, ha anche aggiunto che «non è possibile quantifica­re» l’impatto di una eventuale sentenza di condanna. Un modo laconico e garbato per dire che sarebbe un terremoto epocale se il cda venisse revocato: l’azienda si ritrovereb­be "commissari­ata" dal Tribunale a sei anni dal ritorno in Borsa e dall’uscita dal crack di Calisto Tanzi.

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