Snam, confermati al vertice Malacarne e Bini Smaghi
Nessuna pressione sul titolo, escluse emissioni di bond retail o convertibili I vertici: distacco definitivo da Eni? A discrezione dell’azionista
Carlo Malacarne resta al timone della Snam. Ieri il board della società – passata nei mesi scorsi sotto il controllo di Cassa Depositi e Prestiti – ha aperto la strada al terzo mandato dell’ingegnere pavese, alla guida del gruppo dal maggio 2006. Alla presidenza, invece, l’assemblea degli azionisti – che ha approvato il bilancio 2012, chiuso con un utile netto adjusted di 992 milioni (+1,4%) e un dividendo di 0,25 euro (di cui 0,10 euro già distribuiti in ottobre), in rialzo del 4% sulla cedola 2011 – ha confermato Lorenzo Bini Smaghi come presidente, avallando l’indicazione del nuovo azionista di maggioranza, e ha espresso gli altri membri del cda che si tinge di "rosa" con 4 donne su 9 (ben al di sopra del tetto minimo, un quinto del totale, previsto dalla normativa sugli equilibri di genere nei cda delle società quotate) e due su 5 nel collegio sindacale. Nel board della spa dei gasdotti entrano così, in quota Cdp, Alberto Clô e Pia Saraceno, mentre le new entry espresse dalle minoranze sono Francesco Gori e Sabrina Bruno. Confermati Roberta Melfa, Andrea Novelli ed Elisabetta Oliveri. Per il collegio sindacale la composizione è la seguente: Massimo Gatto rimane presidente, entrano come sindaci effettivi Leo AmatoeStefania Chiaruttini (entrambi in quota Cdp), con i supplenti Maria Gimigliano (Cdp) e Luigi Rinaldi (minoranze).
Il nuovo corso della Snam comincia dunque senza scossoni al vertice con l’Eni che resta, per oraal 20,23% (incluso il sottostante del bond convertibile lanciato nei mesi scorsi e pari all’8,54% del capitale), ma, come prevedeva il Dpcm di scorporo voluto dal governo Monti, senza più diritti di voto e con uno "schermo" che impedisce incroci di cariche tra Snam ed Eni. «Il decreto pone un’uscita ma una tempistica non c’è ed è a discrezione dell’azionista», ha ricordato Malacarne per poi rilevare che il titolo Snam, è «penalizzato dall’overhang, sicuramente questo aspetto c’è», ma «con quote di questotipo nontutti gli investitori la vedono come una minaccia».
Anche perché il gruppo ha unastruttura solida e nonsta pensando né all’emissione di un bond retail né a obbligazioni convertibili. E non c’è nemmeno alcuna esigenza di aumenti di capitale o scrip dividend. Semmai, chiarisce l’ad, l’obiettivo del gruppo è di modificare la struttura del debito («un terzo a tasso variabile e due terzi a tasso fisso»), incrementando «il funding da parte degli istituzionali, come la Bei» e riducendo il ricorso «a quello bancario». «Il costo mediodel debito del 2012 – haspiegato il numero uno della società – è stato del 3,6%», mentre «con l’attuale scenario dei tassi è di circa il 4%». Adogni modo, è uno sforzo assolutamente sostenibile per il gruppo, come riconosce peraltro oggi anche il Financial Times, secondo cui il bilancio di Snam «è sufficientemente robusto per coprire il debito e resistere a preoccupazioni sul merito creditizio».
Quanto al futuro, Malacarne non si mostra preoccupato nemmeno dall’avanzata dello shale gas. «Se arriva è benvenuto. Per un operatore come noi non è una minaccia».