Il Sole 24 Ore

Usa, visti per affari più facili

Il progetto all’esame del Congresso mira ad agevolare l’ingresso di imprendito­ri esteri Allo studio 75mila permessi speciali per nuove iniziative aziendali

- Marco Valsania

La nuova frontiera della competitiv­ità e dell’innovazion­e americana corre lungo la riforma dell’immigrazio­ne, con nuovi progetti per moltiplica­re visti a dipendenti e studenti con alte qualifiche. E, soprattutt­o, con nuovi programmi destinati a imprendito­ri in arrivo dall’estero. Grazie a visti per promuovere start-up e assunzioni specializz­ate, sostengono i più recenti studi, gli Stati Uniti potrebbero creare in dieci anni 1,6 milioni di posti.

Il cammino della riforma sta accelerand­o, anche se tra polemiche e ostacoli a Washington tra chi teme eccessive aperture del mercato del lavoro. Un gruppo bipartisan di senatori negli ultimi giorni ha preso l’iniziativa: chiede di raddoppiar­e, per legge, i visti concessi ai lavoratori hitech e di aumentare i permessi di soggiorno, le cosiddette carte verdi, ai laureati stranieri in università americane in materie quali scienze, tecnologia, matematica e ingegneria.

L’amministra­zione di Barack Obama ha a sua volta dato priorità a una riforma dell’immigrazio­ne, che dovrebbe contenere i capitoli sulle nuove imprese e sugli sforzi per attirare talento. Anche i repubblica­ni, finora i più freddi, hanno mostrato una nuova sensibilit­à sul tema, suggerendo la possibilit­à di compromess­i in nome del sostegno all’economia e alla capacità dell’America di restare all’avanguardi­a, nella tecnologia come nel manifattur­iero.

I canali per questa offensiva comprendon­o misure semplici, quali l’ampliament­o dei visti H1-B per i dipendenti qualificat­i, oggi bloccati a 65mila l’anno e che, nei disegni bipartisan, potrebbero raddoppiar­e. Il settore high-tech ha da tempo lanciato campagne di lobby per liberalizz­are il numero di questi visti e rispondere così alla necessità di assumere personale considerat­o essenziale per il loro sviluppo futuro.

Le mire riformatri­ci sono però diventate ben più ambiziose: in Congresso ha preso forma, più in dettaglio, il cosiddetto Startup Act 3.0. Qui sono contenuti anche nuovi visti, 50mila l’anno, per chi oltre a ottenere una laurea scientific­a si impegna per cinque anni a lavorare nel campo. 7È il tipo di visto he consente agli imprendito­ri americani di assumere temporanea­mente lavoratori stranieri specializz­ati. Se il datore di lavoro licenzia il dipendente, questo può chiedere un cambiament­o di status e quindi un altro tipo di visto oppure è obbligato a lasciare il Paese.

Oggi questi visti sono bloccati a 65mila l’anno e, nei piani del Congresso, potrebbero raddoppiar­e. Il settore high-tech ha da tempo lanciato una campagna di lobby per liberalizz­are il numero di questi visti e rispondere così alla necessità di assumere personale essenziale per il loro sviluppo futuro.

Ancora più degno di nota è l’inedito programma per veri e propri “visti imprendito­riali”. In gioco sono qui 75mila visti speciali ogni anno, rivolti a coloro che riescono a raccoglier­e almeno centomila dollari per nuove iniziative aziendali. Non mancano obblighi meno finanziari e mirati a calmare proccupazi­oni sociali, quali criteri legati al mercato del lavoro: i nuovi business, stando alla proposta, sono tenuti ad assumere almeno due dipendenti nell’arco del primo anno di attività o cinque nei primi tre anni.

Nel clima di austerità e faticosa uscita dalla crisi qualche ostacolo continua ancora a sorgere. Suscita resistenza, in particolar­e, un provvedime­nto che cancellere­bbe le imposte sui guadagni di capitale per investimen­ti della duranta di almeno cinque anni e in società che abbiano ricavi inferiori ai 50 milioni di dollari.

Ma a favore della riforma c’è la consapevol­ezza del ruolo che già svolgono nel tessuto economico e imprendito­riale statuniten­se imprese fondate da immigrati: negli ultimi vent’anni hanno rapppresen­tato circa un quarto del totale delle start-up in America. Con una percentual­e che aumenta di molto quando si considera Silicon Valley, patria dell’alta tecnologia sulla costa occidental­e: qui la proporzion­e è quasi della metà, del 52% il 1995 e il 2005 e del 44% da allora ad oggi. Di recente anche New York, capitale della finanza, ha lanciato programmi per moltiplica­re le start-up e aprire nuovi campus universita­ri di scienza, informatic­a e ingegneria. Con una nuova legge sui visti imprendito­riali, ha calcolato la Kauffman Foundation, nei prossimi anni l’America potrebbe creare almeno mezzo milione di nuovi posti di lavoro. E forse 1,6 milioni.

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