Usa, visti per affari più facili
Il progetto all’esame del Congresso mira ad agevolare l’ingresso di imprenditori esteri Allo studio 75mila permessi speciali per nuove iniziative aziendali
La nuova frontiera della competitività e dell’innovazione americana corre lungo la riforma dell’immigrazione, con nuovi progetti per moltiplicare visti a dipendenti e studenti con alte qualifiche. E, soprattutto, con nuovi programmi destinati a imprenditori in arrivo dall’estero. Grazie a visti per promuovere start-up e assunzioni specializzate, sostengono i più recenti studi, gli Stati Uniti potrebbero creare in dieci anni 1,6 milioni di posti.
Il cammino della riforma sta accelerando, anche se tra polemiche e ostacoli a Washington tra chi teme eccessive aperture del mercato del lavoro. Un gruppo bipartisan di senatori negli ultimi giorni ha preso l’iniziativa: chiede di raddoppiare, per legge, i visti concessi ai lavoratori hitech e di aumentare i permessi di soggiorno, le cosiddette carte verdi, ai laureati stranieri in università americane in materie quali scienze, tecnologia, matematica e ingegneria.
L’amministrazione di Barack Obama ha a sua volta dato priorità a una riforma dell’immigrazione, che dovrebbe contenere i capitoli sulle nuove imprese e sugli sforzi per attirare talento. Anche i repubblicani, finora i più freddi, hanno mostrato una nuova sensibilità sul tema, suggerendo la possibilità di compromessi in nome del sostegno all’economia e alla capacità dell’America di restare all’avanguardia, nella tecnologia come nel manifatturiero.
I canali per questa offensiva comprendono misure semplici, quali l’ampliamento dei visti H1-B per i dipendenti qualificati, oggi bloccati a 65mila l’anno e che, nei disegni bipartisan, potrebbero raddoppiare. Il settore high-tech ha da tempo lanciato campagne di lobby per liberalizzare il numero di questi visti e rispondere così alla necessità di assumere personale considerato essenziale per il loro sviluppo futuro.
Le mire riformatrici sono però diventate ben più ambiziose: in Congresso ha preso forma, più in dettaglio, il cosiddetto Startup Act 3.0. Qui sono contenuti anche nuovi visti, 50mila l’anno, per chi oltre a ottenere una laurea scientifica si impegna per cinque anni a lavorare nel campo. 7È il tipo di visto he consente agli imprenditori americani di assumere temporaneamente lavoratori stranieri specializzati. Se il datore di lavoro licenzia il dipendente, questo può chiedere un cambiamento di status e quindi un altro tipo di visto oppure è obbligato a lasciare il Paese.
Oggi questi visti sono bloccati a 65mila l’anno e, nei piani del Congresso, potrebbero raddoppiare. Il settore high-tech ha da tempo lanciato una campagna di lobby per liberalizzare il numero di questi visti e rispondere così alla necessità di assumere personale essenziale per il loro sviluppo futuro.
Ancora più degno di nota è l’inedito programma per veri e propri “visti imprenditoriali”. In gioco sono qui 75mila visti speciali ogni anno, rivolti a coloro che riescono a raccogliere almeno centomila dollari per nuove iniziative aziendali. Non mancano obblighi meno finanziari e mirati a calmare proccupazioni sociali, quali criteri legati al mercato del lavoro: i nuovi business, stando alla proposta, sono tenuti ad assumere almeno due dipendenti nell’arco del primo anno di attività o cinque nei primi tre anni.
Nel clima di austerità e faticosa uscita dalla crisi qualche ostacolo continua ancora a sorgere. Suscita resistenza, in particolare, un provvedimento che cancellerebbe le imposte sui guadagni di capitale per investimenti della duranta di almeno cinque anni e in società che abbiano ricavi inferiori ai 50 milioni di dollari.
Ma a favore della riforma c’è la consapevolezza del ruolo che già svolgono nel tessuto economico e imprenditoriale statunitense imprese fondate da immigrati: negli ultimi vent’anni hanno rapppresentato circa un quarto del totale delle start-up in America. Con una percentuale che aumenta di molto quando si considera Silicon Valley, patria dell’alta tecnologia sulla costa occidentale: qui la proporzione è quasi della metà, del 52% il 1995 e il 2005 e del 44% da allora ad oggi. Di recente anche New York, capitale della finanza, ha lanciato programmi per moltiplicare le start-up e aprire nuovi campus universitari di scienza, informatica e ingegneria. Con una nuova legge sui visti imprenditoriali, ha calcolato la Kauffman Foundation, nei prossimi anni l’America potrebbe creare almeno mezzo milione di nuovi posti di lavoro. E forse 1,6 milioni.