Se l’europa perde la rotta
La favola secondo cui il caso di Cipro è unico e non compromette il destino dell’euro non regge più, non solo perché è stata raccontata troppe volte negli ultimi anni, ma soprattutto perché il coinvolgimento dei creditori delle banche e soprattutto i controlli ai movimenti di capitale annunciati hanno implicazioni politiche gravissime.
Il salvataggio (almeno nell’ultima versione, non necessariamente quella definitiva) segna un punto nuovo nella crisi europea. In primo luogo perché per la prima volta una parte notevole delle perdite accumulate dalle banche viene addossata ai creditori. Una svolta importante e politicamente accolta ovunque con favore, ma proprio qui sta il problema perché né il Paese né l’Europa sembrano essere adeguatamente preparati ad affrontare le conseguenze che ne derivano. Basti ricordare che fino alla settimana scorsa non esisteva un regime giuridico per la liquidazione delle banche in crisi, che ha dovuto essere varato in fretta e furia. Ma soprattutto perché, una volta accantonata la sciagurata idea di far pagare anche i depositi assicurati (cioè quelli sotto i 100mila euro) adesso le stime sulle perdite che graveranno sui depositi oltre quella soglia, continuano ad aumentare. All’inizio si parlava di poco più del 15%; lunedì le stime di molti analisti erano salite al 40; ieri il ministro delle Finanze cipriote è arrivato all’80. È proprio il caso di dire che qualcuno sta dando i numeri. È possibile che le autorità locali, a cominciare da quelle di vigilanza, siano così all’oscuro delle condizioni delle proprie banche? È possibile parlare di "orderly resolution" con un’incertezza del genere sulle cifre?
La gravità della situazione è testimoniata dal fatto che la chiusura delle banche, che inizialmente doveva durare due giorni, è continuata molto più a lungo. Ma non siamo più negli anni Trenta, quando chiudere gli sportelli voleva dire interrompere davvero ogni operazione bancaria. E infatti i bancomat continuano a funzionare, sia pure con limiti vari perché nessun Paese oggi può vivere per un paio di settimane senza banche. Ma quante altre operazioni online sono avvenute? È possibile che qualche cliente sia stato agevolato a favore di altri? Quanto è credibile chi nega una simile possibilità?
Dopo 12 giorni riaprono oggi tra le tensioni le banche a Cipro, ma i flussi di capitale resteranno sotto stretta osservazione per evitare fughe: per almeno 4 giorni vietato l’uso di assegni, consentito un prelievo massimo dai bancomat di 300 euro al giorno, utilizzo di carte di credito illimitato sul territorio cipriota mentre all’estero non si potranno superare i 5mila euro. Le misure annunciate dalla Banca centrale di Nicosia sono destinate a far discutere: è la prima volta che vengono introdotti controlli valutari all’interno dell’unione monetaria. Intanto il salvataggio spacca i vertici dell’Eurozona: la cancelliera Merkel difende il piano che riscrive il sistema bancario cipriota, l’ex presidente dell’Eurogruppo Juncker accusa l’attuale presidente Dijsselbloem di aver avviato un discorso pericoloso che lega banche, Pil e rischio Paese.