Il precedente da non ripetere dei decreti «certificazione»
Era poco meno di un anno fa quando il Governo italiano decise con i due "decreti certificazione" di accelerare i tempi per far affluire, tramite il sistema bancario, la liquidità negata alle imprese per via dei ritardati pagamenti del settore pubblico. I due provvedimenti avevano ad oggetto rispettivamente la certificazione dei crediti scaduti con le amministrazioni centrali e con le regioni e gli enti locali. Contemporaneamente Abi e Confindustria sottoscrissero un accordo in base al quale il sistema bancario metteva a disposizione delle imprese 10 miliardi di credito aggiuntivo a fronte della presentazione di crediti scaduti e certificati. Quelle risorse sono dal maggio scorso disponibili. Nel giugno, poi, vennero resi disponibili fino a 2 miliardi di titoli di Stato da scambiare con crediti della Pa.Ma ad oggi ancora non si vedono i risultati sperati e molte, troppe imprese, stanno chiudendo non per i debiti contratti ma per i crediti non riscossi verso la Pa.
Il problema di fondo non è tanto la difficoltà di reperire nuove risorse in quanto esse sono state rese disponibili da plafond dedicati, quanto il deficit organizzativo della nostra Pa, soprattutto in termini di carenze nella programmazione e gestione. Per capire le ragioni di questa impasse - e vedere come superarla - è utile riflettere su quello che è successo in questi ultimi mesi. Il meccanismo di certificazione dei crediti si è scontrato con diverse criticità. Prima di tutto, la resistenza e lentezza della Pa a rilasciare la certificazione. A febbraio 2012 le amministrazioni che risultano registrate nella piattaforma online predisposta dal MEF sono 1.227, mentre le certificazioni rilasciate sono 71, per un ammontare di credito certificato di soli 2,9 milioni di euro: veramente troppo poco.
Inoltre non sempre vi è corrispondenza tra il comportamento d’acquisto della Pa e le sue effettive disponibilità finanziarie. D’altro canto, non sono previste sanzioni per la mancata adesione delle amministrazioni al sistema di certificazione dei crediti, mentre un effetto deterrente sarebbe quanto mai utile. A questo scenario non positivo si sono aggiunte poi le difficoltà tecniche di funzionamento della piattaforma online per la certificazione dei crediti, con il con- seguente blocco dell’offerta del plafond "Crediti Pa" dell’accordo tra Confindustria e Abi. Anche il meccanismo del pagamento dei crediti delle imprese con la conversione in titoli di Stato è stato poco utilizzato - l'ammontare di CCT emessi è stato di 14,6 milioni di euro - per una serie di ragioni su cui riflettere: una poco diffusa e capillare informazione in merito a questa opportunità; l’applicabilità ai soli crediti vantati verso le amministrazioni statali; il procedimento complesso, e percepito come tale, che ha scoraggiato i potenziali destinatari. Eppure a chi ha deciso di accettare il CCT in cambio dei propri crediti non è andata poi così male, poiché ha ottenuto un titolo al tasso fisso del 3% negoziabile sul MOT.
Come se ne esce? Per garantire liquidità alle imprese creditrici verso la Pa è urgente creare le condizioni affinché gli strumenti già decretati risultino operativi e fruibili e dentro a tali meccanismi, da variare il meno possibile, collocare le nuove risorse ora annunciate.
Per ridare slancio alla certi- ficazione dei crediti, occorre in primo luogo rimuovere i vincoli posti dal patto di stabilità interno. Va poi garantita la piena funzionalità della piattaforma online, favorendone l’integrazione con i sistemi informatici degli istituti di credito. Quanto al meccanismo del pagamento dei crediti della Pa tramite l'emissione di titoli di Stato, "l’esperimento" condotto nel 2012 va ripreso e migliorato mediante: una comunicazione più diffusa ed efficace; l’estensione ai crediti dell’intero comparto della Pa; rendendo l’opportunità sempre fruibile e non invece vincolandola a una scadenza, come accaduto in passato.
Negli ultimi giorni si sono verificati dei fatti nuovi. Da un lato, le dichiarazioni dei vicepresidenti della Commissione Ue Tajani e Rehn hanno portato dei segnali di apertura e flessibilità rispetto ai vincoli europei di bilancio. Dall’altro - e conseguentemente - il Governo ha annunciato una serie di misure che cercano di rispondere al forte pressing di Confindustria e di altri soggetti per la lotta ai ritardi nei pagamenti. Resta il fatto che, qualsiasi azione compirà il Governo attuale o quello futuro, il rischio è che rimanga inefficace se non verranno superate le criticità dovute alle carenze organizzative e gestionali della Pa. Queste, più ancora delle risorse che pure in parte già ci sono, costituiscono la vera palla al piede di ogni possibilità di azione.
Con un'ultima avvertenza: una volta partito il processo per lo smaltimento del debito pregresso, è fondamentale che non si ricrei la spirale che ha determinato questo debito. Sotto questo profilo, è indispensabile - come anche risulta dai pressanti auspici di Tajani - che sia data piena ed effettiva applicazione della nuova normativa europea contro i ritardi nei pagamenti.