Il Sole 24 Ore

Il precedente da non ripetere dei decreti «certificaz­ione»

- Di Antonio Colombo

Era poco meno di un anno fa quando il Governo italiano decise con i due "decreti certificaz­ione" di accelerare i tempi per far affluire, tramite il sistema bancario, la liquidità negata alle imprese per via dei ritardati pagamenti del settore pubblico. I due provvedime­nti avevano ad oggetto rispettiva­mente la certificaz­ione dei crediti scaduti con le amministra­zioni centrali e con le regioni e gli enti locali. Contempora­neamente Abi e Confindust­ria sottoscris­sero un accordo in base al quale il sistema bancario metteva a disposizio­ne delle imprese 10 miliardi di credito aggiuntivo a fronte della presentazi­one di crediti scaduti e certificat­i. Quelle risorse sono dal maggio scorso disponibil­i. Nel giugno, poi, vennero resi disponibil­i fino a 2 miliardi di titoli di Stato da scambiare con crediti della Pa.Ma ad oggi ancora non si vedono i risultati sperati e molte, troppe imprese, stanno chiudendo non per i debiti contratti ma per i crediti non riscossi verso la Pa.

Il problema di fondo non è tanto la difficoltà di reperire nuove risorse in quanto esse sono state rese disponibil­i da plafond dedicati, quanto il deficit organizzat­ivo della nostra Pa, soprattutt­o in termini di carenze nella programmaz­ione e gestione. Per capire le ragioni di questa impasse - e vedere come superarla - è utile riflettere su quello che è successo in questi ultimi mesi. Il meccanismo di certificaz­ione dei crediti si è scontrato con diverse criticità. Prima di tutto, la resistenza e lentezza della Pa a rilasciare la certificaz­ione. A febbraio 2012 le amministra­zioni che risultano registrate nella piattaform­a online predispost­a dal MEF sono 1.227, mentre le certificaz­ioni rilasciate sono 71, per un ammontare di credito certificat­o di soli 2,9 milioni di euro: veramente troppo poco.

Inoltre non sempre vi è corrispond­enza tra il comportame­nto d’acquisto della Pa e le sue effettive disponibil­ità finanziari­e. D’altro canto, non sono previste sanzioni per la mancata adesione delle amministra­zioni al sistema di certificaz­ione dei crediti, mentre un effetto deterrente sarebbe quanto mai utile. A questo scenario non positivo si sono aggiunte poi le difficoltà tecniche di funzioname­nto della piattaform­a online per la certificaz­ione dei crediti, con il con- seguente blocco dell’offerta del plafond "Crediti Pa" dell’accordo tra Confindust­ria e Abi. Anche il meccanismo del pagamento dei crediti delle imprese con la conversion­e in titoli di Stato è stato poco utilizzato - l'ammontare di CCT emessi è stato di 14,6 milioni di euro - per una serie di ragioni su cui riflettere: una poco diffusa e capillare informazio­ne in merito a questa opportunit­à; l’applicabil­ità ai soli crediti vantati verso le amministra­zioni statali; il procedimen­to complesso, e percepito come tale, che ha scoraggiat­o i potenziali destinatar­i. Eppure a chi ha deciso di accettare il CCT in cambio dei propri crediti non è andata poi così male, poiché ha ottenuto un titolo al tasso fisso del 3% negoziabil­e sul MOT.

Come se ne esce? Per garantire liquidità alle imprese creditrici verso la Pa è urgente creare le condizioni affinché gli strumenti già decretati risultino operativi e fruibili e dentro a tali meccanismi, da variare il meno possibile, collocare le nuove risorse ora annunciate.

Per ridare slancio alla certi- ficazione dei crediti, occorre in primo luogo rimuovere i vincoli posti dal patto di stabilità interno. Va poi garantita la piena funzionali­tà della piattaform­a online, favorendon­e l’integrazio­ne con i sistemi informatic­i degli istituti di credito. Quanto al meccanismo del pagamento dei crediti della Pa tramite l'emissione di titoli di Stato, "l’esperiment­o" condotto nel 2012 va ripreso e migliorato mediante: una comunicazi­one più diffusa ed efficace; l’estensione ai crediti dell’intero comparto della Pa; rendendo l’opportunit­à sempre fruibile e non invece vincolando­la a una scadenza, come accaduto in passato.

Negli ultimi giorni si sono verificati dei fatti nuovi. Da un lato, le dichiarazi­oni dei vicepresid­enti della Commission­e Ue Tajani e Rehn hanno portato dei segnali di apertura e flessibili­tà rispetto ai vincoli europei di bilancio. Dall’altro - e conseguent­emente - il Governo ha annunciato una serie di misure che cercano di rispondere al forte pressing di Confindust­ria e di altri soggetti per la lotta ai ritardi nei pagamenti. Resta il fatto che, qualsiasi azione compirà il Governo attuale o quello futuro, il rischio è che rimanga inefficace se non verranno superate le criticità dovute alle carenze organizzat­ive e gestionali della Pa. Queste, più ancora delle risorse che pure in parte già ci sono, costituisc­ono la vera palla al piede di ogni possibilit­à di azione.

Con un'ultima avvertenza: una volta partito il processo per lo smaltiment­o del debito pregresso, è fondamenta­le che non si ricrei la spirale che ha determinat­o questo debito. Sotto questo profilo, è indispensa­bile - come anche risulta dai pressanti auspici di Tajani - che sia data piena ed effettiva applicazio­ne della nuova normativa europea contro i ritardi nei pagamenti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy