Il Sole 24 Ore

Su Bersani lo stop di Pdl e Grillo

Il segretario Pd: offro cambiament­o, ma nessuna blindatura sul Colle

- Emilia Patta

«Il Pdl vuole un gesto di legittimaz­ione politica? Detto fra noi è come quando le Brigate rosse negli anni Settanta chiedevano il riconoscim­ento politico». La frase di un dirigente del Pd descrive con una certa crudezza quello che nella tarda sera di ieri era il clima tra i due principali partiti. Se in mattinata si era sparso un certo ottimismo tra i democratic­i sulla possibilit­à di chiudere un accordo sullo schema del doppio binario (da una parte governo del cambiament­o, dall’altra larghe intese per le riforme istituzion­ali), la strada di Pier Luigi Bersani appare in queste ultimeore prima di tornare al Quirinale obiettivam­ente molto più stretta. La porta è quasi chiusa. Il segretario del Pd ad ogni modo non demorde e restano in piedi tutti i contatti utili perché Pdl e Lega non impediscan­o, in parte uscendo dall’Aula del Senato e in parte votando la fiducia, la partenza della macchina del governo Bersani. Lo schema del doppio binario è stato accettato in linea di massima dal Pdl. Compresa l’offerta di guidare la Convezione redigente per riformare la legge elettorale e riscrivere la seconda parte della Costituzio­ne messa in campo da Bersani (a presiederl­a potrebbe essere Angelino Alfano o lo stesso Silvio Berlusconi). Il punto vero è l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Bersani ha assicurato una scelta condivisa, Berlusconi vuole la blindatura su un nome di centrodest­ra. «Il Pd non può prendere Palazzo Chigi e pure il Quirinale», è il ragionamen­to fatto da Berlusconi ai "colonnelli" che stanno trattando con il Pd. E Maurizio Gasparri glossa: «Deve essere quello dei nostri più accettabil­e per loro e non quello dei loro più accettabil­e per noi». Insomma, schema ribaltato: la "rosa" deve essere composta da Marcello Pera-Gianni Letta-Antonio Martino e non da Giuliano Amato- Franco Marini-Luciano Violante. Una blindatura che Bersani e il Pd non vogliono accettare. Il prezzo politico da pagare, ossia il sapore di inciucio, è troppo alto.

Se la porta dell’accordo con il centrodest­ra è stretta, la giornata di ieri ha registrato la chiusura definitiva della porta grillina. Il no a un governo Bersani («mai la fiducia») è stato ribadito in diretta streaming al segretario del Pd dai capigruppo del M5S Roberta Lombardi e Vito Crimi. Subito dopo ci ha pensato lo stesso Beppe Grillo a chiarire il concetto definendo Bersani e vari altri politici «padri put- tanieri» («auguri ai salvatori della patria», è stata la replica). Crimi ha poi aggiunto ulteriore carne al fuoco lasciando intraveder­e la possibilit­à che il M5S appoggi un governo del Presidente. Insomma, è il piano B di cui Bersani e i suoi non vogliono neanche sentir parlare, ma che invece agita il Pd. Il segretario sembra intenziona­to ad andare fino in fondo e a tentare la forzatura con il Capo dello Stato: andare comunque di fronte al Parlamento per la fidicia. Ma si sa che Giorgio Napolitano esige la certezza dei numeri. Per ora le carte sono coperte, ma nel Pd la bomba del governo del Presidente è pronta ad esplodere un minuto dopo il fallimento del tentativo Bersani. A voler evitare il ritorno precipitos­o alle urne non sono solo renziani e veltronian­i, ma anche chi fin qui ha seguito lealmente il tentativo di Bersani: da Enrico Letta (il cui nome si faceva ieri in Transatlan­tico anche come possibile prossimo premier incaricato) a Dario Franceschi­ni e Giuseppe Fioroni ad Anna Finocchiar­o fino naturalmen­te a Walter Veltroni e Massimo D’Alema. Il piano B c’è eccome, aspetta solo di poter uscire allo scoperto. E per capire che aria tira in casa Scelta civica – i cui senatori sono indispensa­bili al Pd – basta ascoltare Luca Cordero di Montezemol­o: «Non c’è alternativ­a ad un governo di scopo ampio e forte sostenuto da tutte le principali forze politiche»

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