Il Sole 24 Ore

Il «piano B» del Quirinale: nuovo nome in tempi rapidi

Per Macaluso sarà una figura di confine tra istituzion­i e politica

- Lina Palmerini

Nessun commento ufficiale né ufficioso. Quando, nella tarda serata di ieri, appariva ormani tramontato il tentativo di Pierluigi Bersani, dal Colle è trapelata solo una frase piuttosto scarna: «In attesa che il premier incaricato venga a riferire, il presidente si chiude in un rigido no comment». Il senso è che davvero la preoccupaz­ione di Giorgio Napolitano aumenta perché uno dopo l’altro stanno cadendo tutti i puntelli che aveva cercato di mettere. Innanzitut­to, c’è il tentativo del leader Pd che non sembra decollare e che, quindi, riconsegne­rebbe il cerino nelle mani del Colle. In secondo luogo, è evaporata anche l’exit strategy del capo dello Stato che – nell’impossibil­ità di trovare una soluzione alla crisi – avrebbe puntato sul Governo Monti fino all’elezione del prossimo capo dello Stato. Bene, questa opzione, dopo le dimissioni polemiche del ministro Terzi, blocca l’uscita di emergenza di Napolitano e ripropone il tema del "che fare" se Bersani oggi restituirà il suo pre-incarico.

Quel che sembra certo è che il presidente agirà – è costretto a farlo – e lo farà in tempi molto rapidi. La ragione è il complicars­i della crisi politica che si somma a quella finanziari­a che sta rialzando la testa sull’Italia. Inoltre, il Colle è consapevol­e che non far nulla sarebbe come legittimar­e un rapido ritorno alle urne mentre ha la convinzion­e opposta: cioè che far rivotare gli italiani con la stessa legge elettorale riprodurre­bbe l’impasse visto che le forze in campo sono tre e che il Senato sarebbe di nuovo senza maggioranz­a. Dunque, se Bersani dovesse gettare la spugna, Napolitano avrebbe davanti una via strettissi­ma che comunque cercherà di percorrere. Ne è convinto, per esempio, il suo amico Emanuele Macaluso, politico siciliano dell’ala migliorist­a dell’ex Pci. «Se Bersani non riuscisse a concludere positivame­nte il suo pre-incarico, la logica vorrebbe che si facesse un governo. E in tempi rapidi. La mia è un’opinione personale ma per come conosco Napolitano cercherà di agire in questa direzione tenendo presente la Costituzio­ne e il bene del Paese. Qualcosa farà. Mai siamo stati in una situazione così drammatica».

Emanuele Macaluso ripassa a memoria altri momenti delicati o tragici della storia italiana ma in questo frangente vede la somma di troppi fattori negativi. «Consideri che abbiamo tre forze politiche incompatib­ili tra loro, che Berlusconi vuole trattare su Quirinale e giustizia, che Grillo dice no a tutto. Inoltre c’è un capo dello Stato che non può sciogliere le Camere ma, anche se potesse, farebbe un danno al Paese rimandando­lo alle urne senza una nuova legge elettorale. Si riprodurre­bbe infatti lo stesso stallo di oggi. È un incastro micidiale a cui va sommata la crisi finanziari­a e quella europea, vediamo come è stata gestita la vicenda di Cipro». E allora, dice Macaluso: «Per come conosco Napolitano proverà a fare un governo. Anzi, è più corretto dire che lo spero. Chi incaricare? Direi una figura di confine tra le istituzion­i e la politica». Le suggestion­i di Macaluso sono già diventate un totonomi da giocare in Translanti­co: si parla di Giuliano Amato (più come ministro degli Esteri che come premier); di Luciano Violante premier gradito al Pdl ma poco masticabil­e da una parte del Pd; o anche figure di costituzio­nalisti come Capotosti o Cheli. E tra i ministri vengono inclusi sia Enrico che Gianni Letta, Fabrizio Barca, Fabrizio Saccomanni e i ministri Severino e Cancellier­i.

Tutti nomi che magari stanno in piedi qualche ora mentre tramonta l’ipotesi "minimal" di Bersani: cioè un governo di minoranza sostenuto con la "non sfiducia" di Pdl e Lega. Ipotesi a cui invece adesso sta pensando una parte del Pd che non vuole appoggiare esplicitam­ente l’eventuale governo del presidente. E quindi pensa di poterlo far nascere uscendo dall’Aula ma garantendo il numero legale solo affinché possa portare – presto – il Paese alle urne quando si insedierà il nuovo capo dello Stato. Ma quello che questa parte del Pd non considera è che sarà difficile per loro dire di no a Napolitano a meno di spaccare il partito.

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