I Brics contro le crisi valutarie
I leader degli emergenti creano un fondo da 100 miliardi di $ per far fronte a eventuali problemi di liquidità Prende corpo l’idea di una banca per lo sviluppo, alternativa a Fmi e World Bank
È all’aeroporto Shaka Zulu che indiani, cinesi, brasiliani e russi erano stati accolti a Durban, capoluogo del KwaZulu sudafricano. In onore degli ospiti i danzatori avevano eseguito passi di battaglia della nazione africana che per prima e più delle altre resistette alla conquista europea. C’è sempre una simbologia forte quando inizia il vertice annuale dei Brics, i cinque Paesi emergenti attesi a essere prima o poi alternativa al potere economico e finanziario dell’Occidente.
Al primo vertice in Sudafrica, come nei precedenti quattro e da quando, ormai 12 anni fa Jim O’Neill di Goldman Sachs coniò l’acronimo, l’obiettivo era andare oltre i simboli. Non c’è niente di più concreto di una banca di sviluppo. Di una possibile alternativa alla Banca mondiale e all’Fmi, con forza finanziaria autonoma e concorrenziale, per garantire più facilmente infrastrutture al mondo non ancora sviluppato. Ed è a questa che hanno cominciato a dare corpo i leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica prima di ripartire dall’aeroporto di Shaka, re degli Zulu.
Finora della banca Brics si era solo discusso, ora è stato deciso di farla e da domani incomincia la fase più difficile: decidere come farla. Ognuno dovrebbe garantire almeno 10 miliardi di dollari, anche se il Sudafrica è solo il 2,5% delle economie Brics e chiede di partecipare con una quota coerente con quel dato; quattro Brics su cinque dovrebbero accettare di non ospitarne la contesa sede centrale, anche se Sudafrica e Russia la richiedono con una certa insistenza; ognuno ha in cantiere progetti che crede siano più urgenti di quelli degli altri; e nuovi venuti come Indonesia e Nigeria rivendicano un posto al sole, renden- do più complicata la gestione di una banca e la riforma dell’acronimo originale. «Se annunciano una banca dei Brics sarà molto importante - ha detto O’Neill a Bloomberg -. Come minimo simbolizzerebbe che possono conseguire qualcosa come gruppo politico. Molte altre cose potrebbero seguire in futuro». Il passo è stato fatto ma è solo il primo.
Approfittando del primo vertice Brics nel continente nero, il presidente sudafricano Jacob Zuma, anche lui zulu, aveva convocato un vertice informale africano a 15: dall’egiziano Mohamed Morsi in giù. Tutti interessati a sviluppare una fonte alternativa di finanziamento; e tutti preoccupati delle tendenze egemoniche vetero-europee di al- 7 L’idea più concreta emersa a Durban, al vertice dei Paesi emergenti Brics (Brasile, Russia India, Cina e Sudafrica), è stata la creazione di un fondo comune di riserva del valore di 100 miliardi di dollari destinato a combattere le crisi valutarie. Secondo il presidente sudafricano, Jacob Zuma, il fondo sarebbe una linea di difesa tesa a rafforzare la rete globale di sicurezza finanziaria e a completare gli accordi internazionali esistenti. Ma soprattutto costituirebbe un’alternativa ai creditori attuali, come il Fondo monetario internazionale, nel caso uno dei Paesi Brics si dovesse trovare ad affrontare una crisi della bilancia dei pagamenti cuni Paesi emergenti: soprattutto Cina e India, in Africa. A partire dal 2009 la Cina è diventata il partner commerciale più importante del continente. Ma l’80% delle esportazioni africane sono materie prime, le importazioni cinesi prodotti di consumo a basso costo e qualità mediocre. Stanno devastando le industrie manifatturiere locali.
All’ordine del giorno, oltre alla banca, c’erano il sistema dei commerci - Brasile e Sudafrica sono alle soglie di una rottura per l’invasione dei polli del primo nei mercati del secondo - la bilancia dei pagamenti e la guerra delle valute. I cinque Paesi Brics possiedono una riserva combinata di valute da 4,4mila miliardi di dollari. Su iniziativa del ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, è stato creato un fondo anti-crisi da 100 miliardi di dollari per combattere le crisi valutarie. Dovrebbe essere Pechino a fornire il grosso del finanziamento, secondo il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov: 41 miliardi di dollari la Cina, 18 ciascuno India e Russia, 5 miliardi il Sudafrica. Servirà, ha detto Zuma, «a prevenire pressioni sulla liquidità, a fornire aiuto reciproco e a rafforzare la stabilità finanziaria».
All’ombra del vertice di Durban brasiliani e cinesi hanno anche istituito un fondo valutario di garanzia in yuan e real del valore di circa 30 miliardi di dollari. Potrà garantire otto mesi di export brasiliano e dieci di quello cinese: nel 2012 gli scambi fra Brasile e Cina avevano raggiunto i 75 miliardi di dollari. In caso di scossoni del mercato finanziario globale, le due banche centrali potranno autorizzare le imprese a usare le valute locali invece del dollaro. E questo potrebbe essere anche più rivoluzionario di una banca Brics.
Foto di famiglia per i leader dei Paesi Brics a Durban: da sinistra Manmohan Singh Jacob Zuma Dilma Rousseff e Vladimir Putin