L’accesso ai dati va ristretto il più possibile
La regolamentazione di accesso ai dati contenuti all’anagrafe dei rapporti nuova versione non può essere interpretata in modo estensivo e, anzi, deve essere limitata a pochi soggetti appartenenti all’agenzia delle Entrate e solo per i fini fissati dal Dl 201/2011. Questa affermazione che scaturisce dalla delicatezza del contenuto delle informazioni relative al patrimonio mobiliare dei contribuenti che da ottobre saranno a disposizione del fisco è confortato anche dall’opinione dell’authority della Privacy che, quando ha autorizzato lo scambio di informazioni tra intermediari finanziari e Agenzia, ha fissato paletti molto stretti e di difficile aggiramento. A dire il vero ad analoghe conclusioni si arriva leggendo la legislazione che regolamenta la gestione e l’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti, in particolare l’articolo 7 del Dpr 605/73. Questa norma, infatti, con riferimento alla vecchia versione dell’anagrafe dei rapporti, si premura di disciplinare quali autorità possono accedere alle informazioni finanziarie prevedendo regole anche per l’accesso di magistratura e polizia giudiziaria.
Con riferimento ai nuovi dati previsti dal Dl 201/2011, si ritiene che l’esigenza di restringere al massimo l’accesso alle informazioni imponga di creare due sezioni della stessa anagrafe: la prima, in base all’articolo 7, comma 6 del Dpr 605/73, accessibile non solo da parte delle Entrate, ma anche degli agenti della riscossione e dagli altri soggetti previsti dal comma 11 dello stesso articolo; la seconda, con le nuove informazioni, accessibile – in base alle regole derogatorie di cui al Dl 201/2011 – solo da parte di alcuni funzionari delle Entrate.
I dati finanziari inviati dagli intermediari all’agenzia delle Entrate e gestiti in una sezione dell’anagrafe tributaria possono essere utilizzati anche allo scopo di semplificare le procedure di richiesta dei cittadini delle prestazioni sociali agevolate per quanto riguarda la determinazione dell’indice di capacità economica del richiedente (Isee). Questa possibilità di utilizzo è prevista dall’articolo 11 del Dl 201/2011 (come modificato dal Dl 95/2012), non brilla per chiarezza e pone in evidenza la criticità che i dati possano essere accessibili anche al di fuori dell’agenzia delle Entrate. Lo schema di Dpcm che regolamenta l’Isee è stato per ora bloccato e toccherà al prossimo Governo decidere se disciplinare o meno la materia.
Tuttavia, l’articolo 11, comma 4 del Dl 201/2011 prevede che le informazioni che saranno acquisite dagli intermediari finanziari possono essere utilizzate ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) disciplinata all’articolo 4 del decreto legislativo 109/1998, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione. La doppia funzione che l’utilizzo dei dati può realizzare ai fini delle procedure di determinazione dell’Isee lascia intendere che il cittadino potrebbe essere esonerato dal dichiarare dati ovvero che i suoi obblighi potrebbero essere ridotti in relazione alle dichiarazioni relative ai beni mobiliari, in quanto l’Inps ero-