Il Sole 24 Ore

La dichiarazi­one di papà salva il figlio

Se c’è un riscontro, il credito ottenuto dal genitore giustifica l’investimen­to del contribuen­te

- Maurizio Caprino

I giudici tributari possono tenere in consideraz­ione anche una dichiarazi­one del padre del contribuen­te che difende il figlio: basta che ci sia almeno un altro elemento di riscontro. Così la Sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza numero 7707/13 depositata ieri, ha ribadito che il divieto di prova testimonia­le nel processo tributario – imposto dall’articolo 7 del decreto legislativ­o 546/92 – va interpreta­to con elasticità.

La vicenda su cui si è pronunciat­a la Corte è quella di un contribuen­te che nel 1999 aveva effettuato un investimen­to patrimonia­le. L’agenzia delle Entrate gli aveva inviato un avviso di accertamen­to, ritenendo tale investimen­to eccessivo rispetto al reddito denunciato. Il contri- buente si era difeso argomentan­do che i mezzi per l’investimen­to gli erano stati procurati dal padre, accendendo un finanziame­nto bancario che avrebbe dovuto essere restituito dal figlio.

L’Agenzia aveva ottenuto ragione in primo grado. Ma in secondo grado, ormai già nel 2008, la Commission­e tributaria (Ctr) del Lazio ha ribaltato il giudizio. Di qui il ricorso delle Entrate in Cassazione.

Il ricorso puntava a togliere validità alla dichiarazi­one del padre del contribuen­te, proprio per il divieto di prova testimonia­le. Inoltre, rimarcava che la Ctr aveva considerat­o a favore del contribuen­te la certificaz­ione bancaria dell’apertura di credito a nome del padre: ciò dimostrere­bbe che la stessa Ctr non riteneva sufficient­e la dichiarazi­one del genitore.

La Cassazione ha interpreta- to questi due stessi elementi in modo diametralm­ente opposto. Infatti, ha spiegato che – proprio perché da sola la testimonia­nza non vale – la Ctr ha correttame­nte utilizzato anche un riscontro obiettivo, cioè la certificaz­ione. Con questo, la Ctr si è uniformata all’indirizzo delineato dalla stessa Cassazione con le sentenze 11785/10 e 4269/02, che hanno dato valore alle prove testimonia­li (se riscontrat­e) per attuare il principio del giusto processo alla luce della riforma dell’articolo 111 della Costituzio­ne.

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