Commesse alla «rete» senza autorizzazione
I vincoli non si applicano al «crowdsourcing»
Alle società che esercitano attività di crowdsourcing non serve un’autorizzazione preventiva ministeriale simile a quella rilasciata alle Agenzie per il lavoro sulla base degli articoli 4 o 6 del Dlgs 276/03, salvo nell’ipotesi in cui questa attività porti alla conclusione di contratti d’opera professionale ex articolo 2222 del codice civile e, anche in questa circostanza, solo se dalla stipulazione di detti contratti derivi «un’attività prolungata in favore del committente tale da configurare la costituzione di posizioni lavorative in seno alla sua organizzazione».
L’interpello numero 12/03, con cui la direzione ispettiva del ministero del Lavoro ha risposto ieri a una richiesta di parere presentata da Confindustria, pone sotto i riflettori un nuovo modello di business aziendale, figlio di internet, in forza del quale un’impresa affida la progettazione o la realizzazione di un determinato be- ne immateriale a un insieme indefinito di persone, tra cui volontari, esperti del settore, freelance interessati a offrire i propri servizi sul mercato globale e che costituiscono la cosiddetta community di utenti iscritti sul sito a titolo gratuito.
In buona sostanza, si tratta di una metodologia di collaborazione con cui le imprese chiedono un contributo attivo alla rete attraverso delle open call, delegando a un insieme distribuito di persone, che si aggregano attorno a una piattaforma web, lo sviluppo di un progetto o di una parte di attività aziendale.
Ciò che distingue il crowdsourcing dal più tradizionale outsourcing è il fatto che la realizzazione del progetto o la soluzione del problema viene esternalizzata non già a un soggetto specifico, ma a un gruppo indeterminato di persone.
Secondo il ministero del Lavoro, questa attività d’intermediazione svolta da un soggetto terzo, di regola proprietario del sito e pagato pro quota dai committenti, risultano «finalizzate non alla conclusione di contratti di lavoro, ma alla mera stipulazione di contratti di natura commerciale» e per questo motivo l’autorizzazione preventiva ex articolo 4 del Dgls 276/2003 richiesta per le agenzie di intermediazione non risulta necessaria, così come quella prevista dallo stesso Dlgs all’articolo 6, comma 1, lettera f, con riferimento all’attività d’intermediazione svolta dai gestori di siti internet.
La situazione, come anticipato, cambia invece nel caso in cui l’eventuale attività di consulenza di direzione si configuri quale attività di ricerca e selezione del personale.
In tale ipotesi entra in gioco proprio l’autorizzazione prevista dall’articolo 6, a condizione che l’attività venga svolta senza finalità di lucro e che siano resi pubblici sul sito stesso i dati identificativi del legale rappresentante.