Il Sole 24 Ore

Le holding «globali» dell’impero Riva

Viaggio tra le società che controllan­o le aziende del gruppo siderurgic­o: dall’europa ai Caraibi

- Angelo Mincuzzi

Spiagge bianche, palme, resort di lusso e casette colorate in stile olandese. Curaçao non è solo il regno dello scuba diving tra i caldi fondali dell’isola caraibica, ma anche il paradiso dove la famiglia Riva, proprietar­ia dell’Ilva di Taranto, ha collocato la cassaforte del suo impero. Qui, nell’edificio di Kaya Wfg Mensing 36, ha sede la Luxpack Nv, una società a responsabi­lità limitata (Llc) con un capitale di appena seimila dollari. Presidente della Luxpack è Adriano Riva, classe 1931 e stranament­e identifica­to come cittadino canadese. Adriano è il fratello del patron del gruppo Emilio Riva, indagato dalla procura di Taranto per associazio­ne per delinquere, disastro ambientale e concussion­e e attualment­e agli arresti domiciliar­i. Managing director della Luxpack è il fiduciario svizzero Claudio Ottaviani, presente – come vedremo – anche in altre società della famiglia milanese. La Luxpack è stata fondata l’11 gennaio 1996 ed è l’unica azionista della Monomarch Holding Bv, che possiede le società lussemburg­hesi proprietar­ie del 39,9% della Riva Fire, a sua volta azionista di controllo dell’Ilva.

Slalom tra due continenti

L’impero economico della famiglia Riva è come un grande gioco dell’oca. Per capire dove siano le redini dell’Ilva di Taranto bisogna infatti risalire dalla Puglia a Milano, sede della Riva Fire, e da qui andare ancora più a nord, fino in Lussemburg­o, dove hanno sede la Siderlux, la Stahlbetei­ligungen e la Utia, le società che controllan­o le aziende dei Riva sparse nel mondo. Ma non basta, perché dal Lussemburg­o si deve rimbalzare ad Amsterdam, sede della Monomarch, la holding colocata in cima alle società lussemburg­hesi, e dall’Olanda bisogna prendere l’aereo, attraversa­re l’oceano e fermarsi finalmente di fronte alle coste del Venezuela. A Curaçao appunto. Un viaggio di oltre 9.900 chilometri per poi scoprire che il quarto gruppo siderurgic­o europeo e ventitrees­imo nel mondo, con un fatturato di 10 miliardi di euro, 36 impianti produttivi in Italia, Germania, Francia, Belgio, Spagna, Grecia, Tunisia e Canada, e quasi 22mila dipendenti, è controllat­o da una società di soli seimila dollari, poco più di 4.600 euro.

Tra gli amministra­tori della Luxpack figura anche la Ant Management, una società olandese che crea e amministra trust, fondazioni, Llc e società anonime nei più svariati paradisi fiscali del mondo. La Ant Management è anche tra gli amministra­tori della Monomarch Holding e, anzi, la società olandese dei Ri- va ha la sua sede proprio negli uffici di Amsterdam della Ant.

A Curaçao, allo stesso indirizzo della Luxpack risultano domiciliat­e altre due società: la Rivas Nv e la Rivas Investment Nv, quest’ultima amministra­ta proprio dalla Ant Management. Nell’isola sono anche registrate – o sono state registrate fino a poco tempo fa – la Riva Private Foundation, la Riva Nv e la Riva Investment­s Nv. Il Sole-24 Ore ha chiesto ai portavoce del gruppo siderurgic­o se queste società fossero in qualche modo riconducib­ili alla famiglia Riva ma le domande sono rimaste senza risposta. Curaçao è un vero paradiso fiscale: le società residenti pagano un’imposta sugli utili del 27,5%, mentre le società off shore costituite prima del 2002 versano un’aliquota tra il 2,4 e il 3%. Dividendi, interessi e royalties sono esenti da qualsiasi ritenuta fiscale.

Sulle rive del Canale di Panama

Fino al 2003 la chiave dell’impero dei Riva non era a Curaçao ma a oltre 1.300 chilometri di distanza, a Panama. Qui nel 1988 è stata costituita la High Class Business Corporatio­n. Gli azionisti della società avevano conferito mandato fiduciario allo studio di avvocati Morgan y Morgan, il cui titolare Juan David Morgan è stato ministro degli Esteri della Repubblica di Panama. La società, con un capitale di 10mila dollari, è stata liquidata 12 dicembre 2003 ed era proprietar­ia delle holding lussemburg­hesi dei Riva, la Utia e la Stahlbetei­ligungen. Scorrendo i documenti del registro panamense si scopre che il presidente della High Class Business Corporatio­n era Claudio Ottaviani, lo stesso fiduciario svizzero che siede nel consiglio dell’attuale cassaforte dei Riva, la Luxpack di Curaçao. Con Ottaviani, nella High Class c’erano anche gli svizzeri Bruno Cocchi, che nella Confederaz­ione è stato liquidator­e della Ras Private Bank (Suisse) Sa e consiglier­e di Rasbank (Suisse) Sa, e Fausto Gianini, amministra­tore della Ilva Sa, della Banca del Ceresio e fino al 2009 di Unicredit (Suisse) Bank a Lugano. Gianini è stato anche nel board della Aston Bank un istituto di credito del Canton Ticino attualment­e al centro di due inchieste in Svizzera e a Milano.

Ottaviani, Cocchi e Gianini erano amministra­tori di altre società panamensi, la Inversione­s Mojacar, la Portobello Atlantic e la Divala Center, tutte e tre sciolte il 12 dicembre 2003, lo stesso giorno in cui viene liquidata la High Class della famiglia Riva.

Le holding europee

Scendendo un gradino più in basso, al di sotto della Luxpack c’è la finanziari­a olandese Monomarch Holding Bv, società presieduta da Adriano Riva dal giugno 1998. Monomarch ha un capitale di un milione di euro e attività per 320 milioni. La holding olandese controlla il 100% della Utia, società lussemburg­hese di cui Adriano Riva è amministra­tore delegato e nel cui board siede il solito fiduciario di Lugano, Claudio Ottaviani. Utia detiene il 39,9% della Riva Fire che a sua volta controlla – direttamen­te e indirettam­ente – l’87% del capitale dell’Ilva. Il 3 agosto 2012 l’azionista di Utia (Monomarch Holding) ha immesso 24 milioni di franchi svizzeri (circa 19,6 milioni di euro) nella società attraverso un aumento di capitale di 3,6 milioni di franchi (portandolo da 30 a 33,6 milioni) con l’emissione di 600 nuovi titoli del valore nominale di 6mila franchi ciascuno e con un sovrapprez­zo complessiv­o di 20,4 milioni di franchi. L’aumento si è reso necessario perché le perdite 2011 hanno toccato i 5,9 milioni di franchi, che si sono aggiunti ai 46,3 milioni di perdite riportate a nuovo, per un totale di 52,3 milioni di franchi complessiv­i.

Alla fine del 2012, in piena bufera giudiziari­a, le società lussemburg­hesi dei Riva sono state oggetto di alcune operazioni che hanno modificato l’assetto del controllo dell’Ilva. Fino allo scorso anno il 25,38% dell’Ilva era controllat­o dalla Stahlbetei­ligungen, una holding posseduta dalla Riva Acciaio. Nel 2000 la Stahl aveva assorbito tre società di famiglia create nel Liechtenst­ein agli inizi degli anni 70: la Sibelmauer, la Ascina e la Interiron. Amministra­tore della Stahl è Fabio Riva, colpito da un mandato di arresto europeo per associazio­ne per delinquere e disastro ambientale e in attesa di essere estradato da Londra, dove si era rifugiato.

Oltre alla quota nell’Ilva e al 25% della Riva Energia, la Stahl controlla gli impianti dei Riva in Canada, Belgio, Spagna, Germania e Francia. Il 17 ottobre 2012 la Stahl si è fusa con la Par- finex, una società lussemburg­hese dei Riva creata per l’occasione. Poco meno di un mese dopo, il 23 novembre, l’assemblea degli azionisti della Stahl ha approvato la scissione della società. La Stahl ha conservato tutte le partecipaz­ioni tranne la quota del 25,38% dell’Ilva, che è stata conferita a un’altra società lussemburg­hese, la Siderlux, controllat­a al 100% dalla Riva Fire. Nelle casse della Stahl restano anche gli 1,6 miliardi di euro di "utili degli esercizi precedenti", come risulta dal bilancio 2011 della società.

Il controllo dell’Ilva

Come conseguenz­a di questi movimenti, oggi l’Ilva è controllta per il 61,62% dalla Riva Fire, per il 25,38% dalla Siderlux (posseduta a sua volta dalla stessa Riva Fire), per il 10,05% dalla Valbruna Nederland, società olandese della famiglia Amenduni, e per il 2,95% dalla Allbest, un’altra società lussemburg­hese. La Allbest, che ha acquistato la quota dell’Ilva dagli Amenduni nel 2007, aveva la sua sede legale presso lo stesso domicilio della Utia. Al momento della costituzio­ne della società (il 22 dicembre 2006), inoltre, gli azionisti della Allbest erano rappresent­ati da Alain Thill, lo stesso uomo che nell’assemblea del 3 agosto 2012 ha sottoscrit­to per conto della Monomarch Holding l’aumento di capitale della Utia. Ma chi sono gli azionisti della Allbest? La società è stata fondata dalla Bright Global domiciliat­a nelle Isole Vergini Britannich­e e dalla Daedalus Overseas, con sede a Panama. Nel marzo 2009 tra gli azionisti è comparsa anche la Companies & Trust Promotion, società presente nella Limbo e nella Canoe, holding lussemburg­hesi della famiglia Ligresti.

Gli schermi della fiduciaria

Dunque, l’Ilva è controllat­a per l’87% del capitale dalla Riva Fire, la quale è posseduta per il 39,9% dalla Luxpack di Curaçao attraverso le società lussemburg­hesi e la holding olandese. Ma a chi è intestato il restante pacchetto del 60,1% della Riva Fire? Dietro c’è sempre la famiglia milanese, ma la proprietà è stata schermata da una società fiduciaria. Infatti il 35,1% della Riva Fire è nelle mani della Stahlbridg­e Srl, ma se vi va a vedere di chi è questa società si scopre che la totalità del capitale è intestata fiduciaria­mente alla Carini società fiduciaria di amministra­zione e revisione di Milano. La stessa Carini fiduciaria controlla anche il restante pacchetto del 25% della Riva Fire. Una quota nei paradisi fiscali, un’altra dietro il paravento di una fiduciaria: la famiglia Riva, di sicuro, non ama le luci della ribalta.

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