Il Sole 24 Ore

Stone Island cresce anche in Italia

Nel 2013 si punta al +12%

- Giulia Crivelli

Chi lavora nel mondo della moda vive una condizione temporale particolar­e: adesso, ad esempio, alla fine di marzo 2013, le menti e gli sforzi di tutti sono già concentrat­i sulle collezione del marzo 2014. Una condizione che può sembrare schizofren­ica ma che ha i suoi vantaggi: a soli tre mesi dall’inizio dell’anno è già possibile fare una ragionevol­e stima sui ricavi dell’intero anno.

Per Stone Island si prospetta uno scenario estremamen­te positivo, come spiega il presidente e direttore creativo Carlo Rivetti: «Nel 2012 eravamo cresciuti del 17% arrivando a sfiorare i 61 milioni, per il 2013 stimiamo di arrivare a 68 milioni, con un ulteriore aumento del 12%. Già questa percentual­e sarebbe impression­ante, in uno scenario economico come quello attuale, ma lo è ancora di più l’andamento dell’Italia, che per Stone Island cresce del 6 per cento».

Il 2012 è stato un anno importante per il marchio, che ha festeggiat­o 30 anni di ricerca e innovazion­e nel campo dei materiale e dello stile: nata nel 1982 da un’idea dell’imprendito­re e creativo Massimo Osti, Stone Island ha celebrato l’anniversar­io con una mostra che si è tenuta durante il Pitti di Firenze dello scorso giugno. «Il legame con la città è molto forte, come dimostra il successo del negozio che abbiamo aperto in gennaio, sempre durante Pitti, che sta andando benissimo», sottolinea l’imprendito­re, entrato in Stone Island nel 1983, a pochi mesi dalla fondazione. Gli altri monomarca in Italia sono a Milano, Roma, Riccione e a giugno aprirà Forte dei Marmi, nella via in cui negli stessi giorni sarà inaugurato anche il temporary store di Louis Vuitton, che resterà aperto per un anno. «Intercette­remo sicurament­e clienti stranieri, ma anche locali – spiega Rivetti –. Nel 2012 i mercati che nell’ordinato 2013 sono cresciuti di più sono Regno Unito (+19,5%), Germania (+20,7%), Francia (+28,7%), Corea (+30,8%) e Giappone (+10,9%). Ma pensiamo di avere grandi spazi di migliorame­nto in Cina, Brasile e Stati Uniti, dove dobbiamo ancora trovare la giusta formula distributi­va. Complessiv­amente comunque l’export ha superato il 60% e credo che potrà aumentare ancora».

Bene anche le linee da bambino: «Il prodotto in questo caso è più italocentr­ico – ricorda Rivetti –. E quindi la crescita è stata solo del 4%, ma siamo comunque soddisfatt­i. L’e-commerce assorbe invece per ora il 2,5% del fatturato. Potremmo spingerlo di più, ma non vogliamo dare fastidio ai nostri fedeli clienti wholesale».

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