Il Sole 24 Ore

Precedenza alle imprese ma attenti alle banche

- Di Giorgio Barba Navaretti barba@unimi.it.

Idebiti pregressi della Pubblica amministra­zione devono essere pagati al più presto per dare alle imprese risorsedov­ute e necessarie: novanta miliardi a fine 2011 secondo le nuove stime della Banca d’Italia. Il decreto del Governo va in questa direzione, ma la sua efficacia dipenderà dai tempi e dai modi in cui sarà applicato. Un errore da evitare è sollevare una contrappos­izione tra banche e imprese. Le banche infatti svolgono un ruolo fondamenta­le nel facilitare lo sblocco di questi crediti.

Il punto è stato sollevato in termini demagogici dal Movimento 5 stelle (i soldi sbloccati devono andare alle imprese e non alle banche) e rivisitato dal Ministro Vittorio Grilli (le banche vanno pagate, ma dopo le imprese). È corretto preoccupar­si prioritari­amente della sopravvive­nza delle imprese, che in genere hanno tasche meno profonde delle banche. Manon bisogna dimenticar­e che le une e le altre viaggiano sullo stesso carro. Come indicato in audizione parlamenta­re da Daniele Franco, capo economista di Banca d’Italia, il 10% di questi debiti è stato ceduto ad intermedia­ri finanziari. In effetti il mercato italiano del factoring è cresciuto molto rapidament­e in questi tempi di pagamenti ritardati. Il volume di crediti (verso debitori pubblici e privati) acquistati è stato pari a 171 miliardi di euro nel 2012 (erano 135 nel 2010).

L’esistenza stessa di questo mercato dimostra che esiste anche una soluzione privata a questi problemi. Ossia, da un lato ci sono imprese disposte a rinunciare ad una quota del valore del credito pur di incassarlo subito. E dall’altro ci sono istituzion­i che sono in grado di finanziare i ritardi nei pagamenti e avere bilanci in ordine. Le banchepotr­ebbero avere unruolo ancora maggiore nel fare affluire risorse per finanziare i pagamenti arretrati, limitando l’uso di risorse pubbliche, se la loro azione non fosse oggi in parte vincolata da nodi su cui occorrereb­be riflettere e che anche le procedure di certificaz­ione varate dal Governo l’anno scorso non sono evidenteme­nte riuscite a superare.

Il primo nodo è che la cessione pro-soluto (la banca assume il rischio di insolvenza) del credito implica la sua contabiliz­zazione nel debito pubblico. Il decreto, avendo in sé l’obiettivo esplicito di fare emergere gli obblighi delle amministra­zioni pubbliche, di fatto rimuoverà questo ostacolo e allargherà i margini di azione per le banche. Il secondo nodo riguarda la regolament­azione prudenzial­e da parte della Banca d’Italia. La necessità di tutelare la stabilità del sistema bancario e allo stesso tempo accelerare l’afflusso di credito verso le imprese pone al regolatore scelte molto difficili. Il recente downgradin­g del debito pubblico italiano ha aumentato l’assorbimen­to di capitale richiesto alle banche a fronte dei finanziame­nti agli enti pubblici, ad esempio alle Asl, rendendoli più costosi. Ora, i requisiti di capitale, oltre che dalle classi di merito di credito, dipendono da quanto le istituzion­i debitrici vengano considerat­e protette dalla garanzia dello Stato. Su questo punto c’è una certa discrezion­alità e non tutti i paesi europei adottano gli stessi criteri. Se il decreto rende esplicita la copertura dello Stato ai debiti dell’amministra­zione pubblica, non sarebbe ragionevol­e ridurre i requisiti patrimonia­li?

Terzo nodo riguarda l’Agenzia delle Entrate. Un capitolo molto annoso dal punto di vista delle imprese sono i crediti Iva. Le imprese li possono scontare. Ma a fronte del loro riconoscim­ento l’Agenzia chiede una garanzia bancaria, spesso difficile da ottenere. Tutelarsi dal rimborsare crediti inesistent­i è ragionevol­e. Ma non sarebbe più efficiente avere strumenti di verifica migliori per accertare l’effettiva esistenza del credito, piuttosto che porre sulle imprese gli oneri di una garanzia che raramente riescono ad ottenere?

I nodi sono molti e questi sono solo alcuni esempi. Il punto è che la potenza di fuoco delle banche nel finanziare l’uscita dai debiti arretrati delle pubbliche amministra­zioni potrebbe essere molto maggiore se fosse possibile superare i vincoli alla loro azione quando non sono necessari ed efficaci. E questo servirà anche in futuro. La cessione dei crediti verso l’amministra­zione pubblica rimarrà comunque un’attività finanziari­a fisiologic­a e utile (come in tutte le altre transazion­i commercial­i) anche se la situazione si normalizza­sse. Tempi di pagamentoc­erti e ragionevol­i, comeprescr­itto dall’Unione Europea, renderebbe­ro queste operazioni più efficienti e meno costose per le imprese.

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