«Scorte con i contractor»
Presidente di Confitarma
«Pura follia». Il presidente di Confitarma Paolo d’Amico non usa mezzi termini per descrivere quello che ha sentito durante il dibattito parlamentare sul caso marò.
Cosa non le è piaciuto delle cose delle in aula?
Non mi è piaciuto che si sia parlato allegramente di sospendere gli accompagnamenti alle navi italiane. Di cosa ha paura? Nel giro di un paio di giorni i pirati somali saprebbero che le imbarcazioni italiane sono vulnerabili. Presto ci sarebbero attacchi e sequestri. Il nostro ceto politico deve essere cosciente che se decidesse di ritirare le scorte si dovrà assumere per intero la responsabilità di quello che accadrà dopo.
Deve riconoscere però che il sistema attuale qualche problema lo sta creando...
Su 160 scorte fornite dai marò quello al largo del Kerala è stato l’unico brutto incidente. I nostri due militari bloccati in India hanno tutta la mia solidarietà, ma senza la presenza dei fucilieri come loro sulle navi a quest’ora probabilmente ci staremmo occupando degli equipaggi italiani tenuti in ostaggio dai pirati.
Non sarebbe meglio utilizzare dei contractor?
Anche Francia e Olanda usano i militari. Noi armatori comunque non siamo contrari alle guardie private, ma è da un anno e mezzo che aspettiamo un regolamento del ministero degli Interni che ne autorizzi l’impiego.
I vostri costi però aumenterebbero...
In questi casi i costi vengono ribaltati sui clienti. In più i contractor privati sarebbero più flessibili e presenti nel teatro del- le operazioni. Mentre il pezzo mancante dell’impianto di lotta alla pirateria sono gli accordi degli Stati con i Paesi rivieraschi per creare le basi da cui imbarcare a bordo i propri militari.
Venendo all’incidente dei due marò non crede che il comandante della Enrica Lexie abbia sbagliato a rientrare in porto, pur avendo a bordo due militari italiani?
La catena di comando militare era informata. Lo ha detto anche Terzi in aula il 13 aprile del 2012 che il Centro operativo interforze della Difesa «non ha avanzato obiezioni».
Ma se ci fosse stato un braccio di ferro tra comandante e militari chi avrebbe avuto l’ultima parola?
Il comandante, ci mancherebbe, ma non credo che sia successo. La verità è che dietro quella scelta ci sono delle responsabilità precise che non si vogliono lasciare emergere.