Sui finanziamenti all’estero non scatta l’abuso del diritto
Occorre che vi sia un utilizzo distorto di strumenti giuridici finalizzato all’ottenimento di un risparmio fiscale perché si possa parlare di abuso del diritto. Quindi, la semplice stipula all’estero di operazioni di finanziamento bancario con contraenti italiani e per finalità operative in Italia non realizza abuso del diritto. Semmai, se gli atti vengono formati in Italia, l’imposta sostitutiva sui finanziamenti dovrebbe essere assolta in Italia.
Questo è il contenuto della risoluzione n. 20/ E di ieri dell’agenzia delle Entrate. Documento che si può dire ineccepibile per quanto riguarda il diverso campo di applicazione dei concetti di abuso del diritto e di evasione.
L’Agenzia ripropone il concetto di abuso del diritto fatto proprio dalla Cassazione, secondo cui vi sarebbe abuso in presenza di utilizzo distorto di strumenti giuridici posti in essere senza alcuna valida ragione economica, diversa dal risparmio d’imposta cui l'operazione posta in essere è finalizzata. L’Agenzia conclude che il luogo di sottoscrizione di un contratto, ai fini dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, non configura di per sé quell’utilizzo distorto di strumenti giuridici atti ad ottenere un risparmio fiscale.
Per questo, non si può parlare di abuso. Piuttosto, va verificato se il luogo in cui si è formato l’atto è l’Italia, perché, in caso affermativo, si avrebbe un’evasione dell’imposta sostitutiva.
Le considerazioni sul concetto di abuso sono sicuramente corrette, alla luce degli orientamenti della giurisprudenza italiana. Tuttavia, quello che andrebbe rilevato è se la giurisprudenza tributaria italiana sia in li- nea con il principio civilistico (italiano) di abuso, oltreché con quello formatosi presso la Corte di giustizia Ue per i tributi armonizzati. In base a questi ultimi due riferimenti, si ha infatti abuso quando si consegue un vantaggio che l’ordinamento disapprova. In sostanza, si deve essere in presenza di un vantaggio fruito aggirando la ratio di una norma o di un sistema.
Secondo la Cassazione in materia tributaria, si avrebbe invece abuso in presenza dell’utilizzo distorto di strumenti giuridici che hanno come finalità essenzialmente quella di fruire di un vantaggio fiscale in mancanza di valide ragioni economiche che giustificano l’operazione.
Questo non appare del tutto corretto. Il fatto che un soggetto ponga in essere delle operazioni per fruire essenzialmente di un vantaggio fiscale non può essere considerato elusivo o "abusivo". Occorre invece considerare se queste operazioni determinano un vantaggio non voluto dal sistema. Se il vantaggio è previsto dall’ordinamento e il contribuente si pone – compiendo operazioni lecite - nelle condizioni di fruire di detto vantaggio, non si può parlare né di abuso né di elusione, ma di legittimo risparmio d’imposta. Questo risulta chiaramente dalla relazione di accompagnamento all’articolo 37- bis del Dpr 600/1973.