Il lavoro stabile esclude la salvaguardia
Il Dm precisa i requisiti per la pensione con regole agevolate per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria La tutela per chi, dopo il 4 dicembre 2011, ha esercitato attività saltuarie
Il decreto interministeriale di attuazione della salvaguardia dalla riforma delle pensioni per 10.130 lavoratori è già al centro delle polemiche. Il testo, inviato qualche giorno fa dal ministero del Lavoro al Parlamento, per essere esaminato, contiene una modifica rispetto al comma 231 della legge di stabilità (la 228/2012) che definisce i requisiti per accedere al beneficio.
In particolare, come evidenziato dai deputati del Pd Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi, la legge ammette gli autorizzati alla contribuzione volontaria entro il 4 di- cembre 2011 «ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria....».
Una formulazione poco chiara, che nel decreto interministeriale è stata sostituita dalla seguente: «successivamente all’autorizzazione alla prosecuzione volontaria non abbiano ripreso l’attività lavorativa, ad eccezione della seguente ipotesi: abbiano svolto, successivamente alla predetta data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato».
Secondo i due parlamentari del Pd, la legge di stabilità salva i contributori volontari anche se hanno continuato a lavorare, mentre il decreto esclude quelli che hanno lavorato, purché non dopo il 4 dicembre 2011, anche se sono stati autorizzati 10-15 anni fa. In pratica la legge di stabilità tutelerebbe le persone con "maggior anzianità" quale contributore volontario, mentre il decreto attuativo (così come i due precedenti) va nella direzione opposta, salvando chi è stato autorizzato più di recente e quindi si presume non abbia mai ripreso l’attività.
Resta il fatto che i posti disponibili per la salvaguardia dei contributori volontari, nell’ambito di questo terzo provvedimento, restano comunque limitati a 2.440 a fronte di una platea complessiva stimata in 130mila persone, di cui i tre interventi normativi tutelano solo 20.090.
I comitati di esodati, inoltre, auspicano altre due correzioni relative alle altre categorie di salvaguardati che amplierebbero la platea, secondo le loro stime, di poco più di un centinaio di persone.
Dal punto di vista operativo, invece, la novità più importante contenuta nel decreto interministeriale consiste nell’obbligo di domanda, a carico dei potenziali salvaguardati, per l’accesso alla tutela. I lavoratori messi in mobilità a seguito di accordi dovranno presentare domanda alle direzioni territoriali del Lavoro, così come i "cessati" che hanno firmato un accordo per l’incentivo all’esodo. Gli autorizzati alla contribuzione volontaria, e tra questi anche quelli attualmente in mobilità, dovranno invece indirizzare l’istanza all’Inps.