Il Sole 24 Ore

Pronte le società profession­ali

La Corte dei conti ha registrato il decreto ministeria­le per l’esercizio in comune dell’attività Requisiti di onorabilit­à per gli eventuali soci solo di investimen­to

- Maria Carla De Cesari

Ci sono voluti più di 16 anni per definire la disciplina sulle società tra profession­isti. Ieri la Corte dei conti ha registrato il decreto ministeria­le che regolament­a le società per l’esercizio delle attività profession­ali governate attraverso gli Ordini, così come previsto dall’articolo 10 della legge 183/2011. A questo punto, i profession­isti potranno organizzar­si in società, di persone o di capitali, anche in compagini multidisci­plinari.

Per arrivare al risultato, semplifica­ndo, ci sono volute almeno tre leggi a valenza generale e almeno una di settore. Tutto è iniziato con la legge 266/97, che ha abolito, per i profession­isti, il divieto (con presuppost­o razziale) di costituire società. Allora, il tentativo di regolare la materia, da parte del Guardasigi­lli Giovanni Maria Flick e del ministro dell’Industria Pierluigi Bersani, naufragò di fronte al giudizio del Consiglio di Stato sull’inadeguate­zza dello strumento legislativ­o, un decreto ministeria­le, per una materia col- legata al Codice civile. Quindi è stata la volta della legge 248/2006, che ha messo fine al divieto di fornire all’utenza servizi profession­ali di tipo interdisci­plinare da parte di società di persone o associazio­ni tra profession­isti. Per le profession­i tecniche, la riforma degli appalti ha riconosciu­to, oltre alle società di inge- gneria, le società di persone tra profession­isti.

Si è però dovuti arrivare alle legge 183/2011 per avere una disciplina valida per la geeralità delle profession­i regolament­ate in Albi (tranne avvocati e notai), che possono utilizzare anche le società di capitali. La società, che preveda «l’esercizio in via esclusiva dell’attività profession­ale da parte dei soci», ammette profession­isti iscritti agli Albi, anche in differenti sezioni, i cittadini Ue «purché in possesso del titolo di studio abilitante», non profession­isti «soltanto per prestazion­i tecniche o per finalità di investimen­to».

Il numero dei soci profession­isti e la partecipaz­ione al capitale sociale dei profession­isti, per legge, «deve essere tale da determinar­e la maggioranz­a di due terzi nelle deliberazi­oni o decisioni dei soci». Questa limitazion­e non vale per le società di ingegneria, che continuano a essere disciplina­te dal decreto legislativ­o 163/2006.

La società tra profession­isti deve mettere il cliente nelle condizioni di affidare l’incarico conferito alla società a uno o più profession­isti scelti da lui e deve comunicare eventuali situazioni di conflitto di interesse. In nome della trasparenz­a, la società deve consegnare al cliente l’elenco dei soci profession­isti, con la specificaz­ione dei titoli e delle qualifiche, e l’elenco dei soci di capitale.

Il socio per finalità di investimen­to potrà partecipar­e alla società profession­ale solo quando possieda i requisiti di onorabilit­à previsti per l’iscrizione all’Albo. Non deve aver riportato condanne definitive che comportino una pena di almeno due anni di reclusione per un reato non colposo e non deve essere stato cancellato dall’Albo profession­ale per motivi disciplina­ri.

La società tra profession­isti è iscritta in una sezione ad hoc del Registro imprese e in un elenco speciale dell’Albo di appartenen­za dei soci profession­isti. Nel caso di compagini multidisci­plinari fa fede l’attività prevalente individuat­a nello statuto o nell’atto costitutiv­o.

«Siamo felici per il passo avanti – commenta Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio nazionale degli architetti –. Finalmente potremo promuovere l’aggregazio­ne degli studi, così da perseguire economie di scala e concorrere agli incentivi promossi dalla legislazio­ne europea».

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