Il Sole 24 Ore

L’india rurale accelera la crescita

Il ceto medio e la spesa avanzano sia nel segmento di fascia alta sia in quello dei prodotti di massa La domanda nei centri medio-piccoli sta aumentando più della media nazionale

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Chi sono i consumator­i indiani del ceto medio? Quanto guadagnano? E dove abitano? Nelle megalopoli dove ci sono gli uffici delle multinazio­nali, nelle caotiche città medio-grandi o nei centri minori?

Dare risposte univoche a queste domande è difficile. Per avere un quadro esaustivo di come nasca quel 60% del Pil che ruota intorno ai consumi della terza economia asiatica conviene lasciare da parte gli schemi occidental­i (in India le famiglie middle class di 4 persone non viaggianoi­n macchina mainscoote­r, tutti assieme) e incrociare i dati senza farsi ingannare da fenomeni squisitame­nte ciclici.

«Inflazione elevata e tassi alti - spiega Manish Bhatia, un fund manager di Schroders con base a Singapore - stanno incidendo sui consumideg­li indiani con ricadute su auto e gioielli. Dal punto di vista struttural­e però i redditi sono in crescita e la penetrazio­ne di diverse categorie di prodotto resta bassa».

Secondo le stime di Deloitte oggi la piramide dei redditi familiari puòessere suddivisa in 4 scaloni. Al top ci sono i benestanti (13 milioni di famiglie con entrate superiori ai 18.500 dollari annui) e quelli che aspirano a diventarlo (34 milioni di famiglie che guadagnano tra 7.400 e 18.500 dollari). In fondo ci sono due categorie: i 72 milioni di famiglie con entrate tra 3.300 e 7.400 dollari annui e i 121 milioni di nuclei, all’incirca metà della popolazio- ne, che vivono con meno di 3.300 dollari all’anno.

Il National Council for Applied Economic Research di New Delhi stima che nell’anno fiscale 2015-16 in India ci saranno 53,3 milioni di nuclei con redditi familiari compresi tra 6.300 e 31.300 dollari, per un totale di 267 milioni di individui. Mentre secondo il Boston Consulting Group nel 2020, più di metà delle famiglie indiane guadagnera­nnounacifr­asuperiore ai 6.700 dollari annui.

Secondo Anu Madgavkar, Senior Fellow del McKinsey Global Institute con base a Mumbai, «i consumi stanno aumentando piuttosto velocement­e in tutti i segmenti. Cresce la domanda di prodotti per il mercato di massa (alimentari, igiene personale, abbigliame­nto e telefoni cellulari) e crescono anche i prodotti e i servizi rivolti ai ceti abbienti come turismo, smartphone di fascia alta e il lusso».

Se non ci sono grossi dubbi circa il fatto che quest’ultima famiglia di prodotti abbia mercato solo nelle grandi città, dove conviene puntare con tutto il resto? «Non esiste un elenco di città promettent­i che valga per tutti - prosegue la Madgavkar - ma, sulla base di fattori come Pil, popolazion­e, redditi, propension­e ai consumi (anche mediatici) ed emancipazi­one femminile si possono individuar­e - al di fuori delle 8 metropoli (Delhi, Mumbai, Kolkata, Chennai, Bangalore, Hyderabad, Pune e Ahmedabad, ndr) - una serie di città promettent­i. Si tratta di Gurgaon, Chan- digarh, Ludhiana, Kochi, Trivandrum, Mangalore, Jaipur, Lucknow, Ghaziabad, Visakhapat­nam, Indore, Vadodara, Surat e Guwahati».

Secondo la società di ricerche di mercato Nielsen, chi opera nel settore Fmcg( Fast moving consumer goods) può spingersi anche oltre, verso la cosiddetta Middle India. Nel triennio 2009-2011 i consumi nelle circa 400 città con una popolazion­e compresa tra 100mila e 1 un milione sono cresciuti più della media nazionale. Un sorpasso che - nel 2011 - ha riguardato anche quelle con meno di 100mila abitanti.

Il fenomeno della crescita dei piccoli centri rispetto alle capitali del ceto medio urbano, secondo un recente report di Credit Suisse presto verrà amplificat­o dalla prevista frenata delle retribuzio­ni pubbliche e dall’aumento degli investimen­ti statali nelle infrastrut­ture nelle regioni rurali. Non solo, sempre secondo una ricerca di Nielsen, il mercato dei Fmcg della Middle India, oggi a 5,74 miliardi di dollari, nel 2026 varrà 80 miliardi anche grazie a pattern di consumo che per certi versi sono già "urbani".

È anche per questo che, secondo un report di Morgan Stanley Research pubblicato lo scorso febbraio, uno dei settori con i margini di crescita più promettent­i è quello del cibo confeziona­to, una tipologia di prodotto nella quale oggi gli indiani spendono 24 dollari l’anno a testa contro i 137 della Cina, i 350 del Sud Africa, i 585 del Brasile e i 649 della Russia. Abeneficia­re maggiormen­te della crescita dovrebbero essere i produttori di cibi per l’infanzia, pasta, gelati, prodotti da forno e cereali per la colazione. La prima puntata è del 26 marzo, la seconda del 28

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