Il Pd apre al governo del Presidente
Ma Letta ribadisce il no al «governissimo» - La prossima settimana direzione del partito
«Al Presidente della Repubblicaabbiamoespressofiduciapiena e profonda gratitudine, dicendochenonmancheràilnostrosupporto responsabile alle decisioni chelui prenderà inqueste ore». La svolta del Pd, preannunciata da qualche segnale già giovedì sera, arriva all’ora di cena per bocca del vicesegretario Enrico Letta dopo piùdiun’oradicolloquioconGiorgio Napolitano. «L’idea di rivotare con l’attuale legge elettorale è profondamentesbagliata», chiarisce Letta facendo cadere definitivamentel’aut autimplicito"oBersani oil voto subito" fin qui agitato insottofondo. UngovernodelPresidente è dunque possibile. Mano a «ungovernissimotraleforzepolitiche tradizionali». Quindi no alle «larghe intese» chieste invece dalPdl(cheufficialmenteresta invece sulla linea del no a un governo del Presidente). Il sì al governo delPresidenteeilnoal governissimo è una distinzione sul filo delle formule, pure importanti, che però non nasconde il riconoscimentosiapureobtortocollocheiltentativo di Bersani di dar vita a un governo senza il Pdl e senza il M5S – ossia senza numeri – non aveva margini di riuscita.
Letta è accompagnato dai capigruppo Luigi Zanda e Roberto Speranza. Pier Luigi Bersani è ancora formalmente il premier incaricato – fanno notare da Largo del Nazareno– perquestononhapartecipato all’incontro: resta ancora in campo e non è escluso che alla fine venga mandato di fronte alle Camere a cercarsi quella fiducia chenonèriuscitoatrovare durante le consultazioni, come chiede a gran voce l’alleato Nichi Vendola leader di Sel. Ma certo, il fatto che il segretario sia partito di buonora per la sua Piacenza lasciando tutta la delicata partita nelle mani del suogiovanevicehadatolaraffigurazione simbolica della fine del suoincarico. Eforse, si fanotare da molti nel partito, anche la raffigurazione simbolica del passaggio del timone del Pd in altre mani. Le paroleusatedaLettaelasuagestione del passaggio di ieri fanno pensare (o sperare) a molti nel partito chepossaesserepropriolui, il vice di Bersani, uno dei possibili premier di un governo del Presidente se mai Napolitano riuscisse a trovare nella notte la difficile quadra tra i reciproci veti tra Pdl e Pd (per il resto si fanno sempre i nomi di Annamaria Cancellieri, Fabrizio Saccomanni, Enrico Giovannini e Franco Gallo mentre restano in piedileipotesididuepoliticidilungo corso come Giuliano Amato e Luciano Violante). Certo – è il ragionamentochesifanegliambienti Pd – se Letta va a Palazzo Chigi anche solo per qualche mese è più difficilecheilPdriescaafareleggereun"suo" candidatoanchealColle, e forse potrebbe essere questa la contropartita da offrire al Pdl.
Maquesti sono scenari prematuri, perché è tutto da verificare che Napolitano riesca a trovare la formula magica per superare i reciprociveti, ossiail noal governissimo del Pd e il no al governo del Presidente del Pdl. Nel suo colloquioconladelegazione democratica il Capo dello Stato ha spiegatoconestremachiarezzache il Cavaliere non accetta un governo del Presidente e vuole un governo politico Pdl-Pd. E di fronte al no ribadito da Letta, Zanda e Speranza a un governo politico con il Pdl ci si è limitati a constastare il drammatico stallo. Che naturalmente non è solo di formule ma politico. Per questo anche in ambienti Pd ieri sera non si escludeva l’extrema ratio delle dimissionianticipate diNapolitano persuperarel’impasseesbloccare almeno la partita del Colle permettendo l’elezione di un presidente nel pieno dei suoi poteri e quindi in grado di sciogliere le Camere.
Nel caso in cui il Capo dello Stato riesca nel miracolo di trovare la formula giusta per far partire un governo di scopo, da Largo del Nazareno si preannuncia un nuovo passaggio in direzione già all’inizio della prossima settimana per decretare il cambio di linea. E non sarà con ogni probabilità solo la linea di Bersani ad essere messa in discussione, ma anche la leadership. In molti già guardano a Letta come al traghettatore della barca ferita del Pd verso un congresso d’autunno che già si annuncia all’arma bianca. Con i giovani delle diverse "aree", da Debora Serracchiani a Davide Zoggia a Matteo Orfini, già ieri duellanti sui social network. Mentre Matteo Renzi resta – ancora per poco – alla finestra.