Possibile il voto già a metà giugno
Difficile immaginare una situazione più complicata: un Parlamento che non riesce a esprimere una maggioranza, un presidente della Repubblica che non può sciogliere le Camere perché in scadenza di mandato e una legge elettorale che, se si andasse a votare, potrebbe produrre una replica dello stallo che si sta consumando in questi giorni post-voto. In una situazione così confusa, salvo il colpo di scena di dimissioni anticipate di Giorgio Napolitano l’unica data certa resta il 15 aprile: un mese prima della fine della presidenza di Giorgio Napolitano (in carica dal 15 maggio 2006) e data nella quale il presidente della Camera dovrà convocare il Parlamento in seduta comune per l’elezione del successore di Giorgio Napolitano. Entro questa data ciascun Consiglio regionale deve eleggere i tre delegati (uno per la Valle d’Aosta) che vanno a integrare i 630 deputati e i 319 senatori chiamati a eleggere il Capo dello Stato. I «grandi elettori» saranno in totale 1.007. È presumibile che l’elezione cominci il lunedì successivo (il 22). Nelle prime tre votazioni è richiesta la maggioranza di due terzi dell’assemblea; in quelle successive la maggioranza assoluta. Obiettivo che il centrosinistra con i suoi numeri (495) potrebbe centrare da solo, magari dopo tre giorni votazione. «Il nuovo inquilino del Colle – dice il costituzionalista Francesco Clementi – dopo essersi insediato, avrebbe un paio di giorni per consultare le forze politiche e decidere se sciogliere il Parlamento». Se questa fosse la sua scelta firmerà contestualmente due decreti: quello di scioglimento del Parlamento e di indizione dei comizi elettorali. Dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale devono trascorrere almeno 45 giorni prima del voto. In questo scenario la prima data utile sarebbe il 16-17 giugno ma forse si potrebbe decidere di guadagnare qualche giorno e finire al 30 giugno. Ma le dimissioni anticipate di Napolitano potrebbero retrodatare tutto di due settimane. Nelle prossime ore si capirà se il 2013 porterà dopo le prime politiche invernali l’inedito voto sotto l’ombrellone.