Il Sole 24 Ore

Napolitano, la carta delle dimissioni

La pressione del Colle: uscita anticipata come «più alta forma di denuncia dello stallo politico»

- Lina Palmerini

Giorgio Napolitano pronto a lasciare. Alla fine di una giornata di consultazi­oni in cui ciascun partito ha fatto il gioco dei veti incrociati, il capo dello Stato ha preso in consideraz­ione l’ipotesi di sue dimissioni. «Sarebbe la più alta forma di denuncia di uno stallo politico», dicono i più stretti collaborat­ori del Colle che ieri lasciavano trapelare tutto il pessimismo che circola nel palazzo. Il ragionamen­to è chiaro: le dimissioni di Napolitano consegnere­bbero una novità al quadro politico-istituzion­ale, cioè un nuovo capo dello Stato che potrebbe usare l’arma dello scioglimen­to delle Camere e del ritorno al voto. Del resto, cosa consegnere­bbe al suo successore se la situazione restasse bloccata dal «no» del Pdl a governi istituzion­ali e dal «no» del Pd a Esecutivi con Berlusconi? «Macerie», rispondono al Colle. Ecco allora che Napolitano mette sul tavolo la casella del Quirinale, che tra l’altro è diventata oggetto del braccio di ferro in corso tra le due maggiori forze.

Di certo, l’annuncio choc del capo dello Stato che lascia il Quirinale puntando il dito sui partiti è una formidabil­e arma di pressione sui partiti stessi. Perché sarebbe l’atto finale di delegittim­azione verso una politica che non sa assumere su di sé le responsabi­lità verso il Paese dopo aver ignorato per un anno i richiami di Napolitano sull’esigenza di riforme istituzion­ali e costi della politica. Tra l’altro, se resta lo stallo tra Pd e Pdl, sul Colle si consumereb­be una vera e propria guerra tra le due forze principali per "occupa- re" la casella. Uno scontro i cui esiti non sono scontati né per Berlusconi né per Bersani. È anche su questo punto che i partiti dovranno riflettere perché senza un patto si arriva allo scontro finale che non ha esiti scontati sul vincitore. Al centro-sinistra mancano appena nove voti per eleggersi da solo il suo presidente e questo il Cavaliere lo sa. Gli conviene forzare il braccio di ferro e rischiare un anti-berlusconi­ano alla guida del Colle?

Dunque, l’extrema ratio delle dimissioni di Napolitano entra nel campo di questa crisi anomala. Ma non è detto che funzioni. Anche se ieri si è notato un ammorbidim­ento della linea del Pd quando Enrico Letta – uscendo dal colloquio – ha affidato a Napolitano la scelta finale confermand­ogli la fiducia del suo partito. Subito dopo è uscita anche una breve dichiarazi­one di Angelino Alfano, ugualmente "generoso" verso le capacità e le decisioni di Napolitano. Al Colle, però, non hanno letto queste dichiarazi­oni come una vera apertura. «Nelle consultazi­oni non si sono aperti spiragli, vedremo se le dichiarazi­oni di fine giornata troveranno una concretizz­azione», dicono nel suo entourage.

E in effetti scorrendo il calen- dario degli incontri di ieri, si vede come nulla sia cambiato. Il Pdl ha ribadito la posizione di bandiera, cioè governo politico Pd-Pdl. Poi è stato il turno del 5 Stelle che ha detto sì solo a un governo del Movimento di Grillo; subito dopo è toccato a Scelta civica che ha aperto a governi sulle riforme; infine Sel che ha rilanciato Bersani e, a concludere, Enrico Letta che ha ribadito il no a governi con il Pdl ma si è rimesso nelle mani del capo dello Stato. Un quadro incomponib­ile, quindi, dove non si vede il profilo di un governo istituzion­ale o del presidente come a un certo punto era sembrato a molti. Non a Napolitano che ha potuto ben misurare le distanze reali tra i partiti. E vedere come la casella del Colle sia quella che può sparigliar­e. Sembra pure che il Pdl gli abbia chiesto la disponibil­ità a una rielezione, ipotesi che Napolitano ha nuovamente scartato.

A questo punto, si è preso una pausa di riflession­e. Ha fatto sapere che comunicher­à nelle prossime ore quali saranno le sue conclusion­i non escludendo che tra queste ci possano essere le sue dimissioni. Ora sta ai partiti rispondere a questa pressione. O sbloccando i propri veti in una proposta o lasciando che si consumi lo stallo e che si trasformi in uno scontro finale sul prossimo inquilino del Colle. Tenendo conto che il Pd è lacerato e che il Pdl non ha i numeri per eleggerne uno di suo gradimento, si passerebbe da un un vicolo cieco a un altro. È ciò che dice Napolitano ai partiti mettendo sul tavolo le dimissioni.

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AGF Pausa di riflession­e. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano

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