Napolitano, la carta delle dimissioni
La pressione del Colle: uscita anticipata come «più alta forma di denuncia dello stallo politico»
Giorgio Napolitano pronto a lasciare. Alla fine di una giornata di consultazioni in cui ciascun partito ha fatto il gioco dei veti incrociati, il capo dello Stato ha preso in considerazione l’ipotesi di sue dimissioni. «Sarebbe la più alta forma di denuncia di uno stallo politico», dicono i più stretti collaboratori del Colle che ieri lasciavano trapelare tutto il pessimismo che circola nel palazzo. Il ragionamento è chiaro: le dimissioni di Napolitano consegnerebbero una novità al quadro politico-istituzionale, cioè un nuovo capo dello Stato che potrebbe usare l’arma dello scioglimento delle Camere e del ritorno al voto. Del resto, cosa consegnerebbe al suo successore se la situazione restasse bloccata dal «no» del Pdl a governi istituzionali e dal «no» del Pd a Esecutivi con Berlusconi? «Macerie», rispondono al Colle. Ecco allora che Napolitano mette sul tavolo la casella del Quirinale, che tra l’altro è diventata oggetto del braccio di ferro in corso tra le due maggiori forze.
Di certo, l’annuncio choc del capo dello Stato che lascia il Quirinale puntando il dito sui partiti è una formidabile arma di pressione sui partiti stessi. Perché sarebbe l’atto finale di delegittimazione verso una politica che non sa assumere su di sé le responsabilità verso il Paese dopo aver ignorato per un anno i richiami di Napolitano sull’esigenza di riforme istituzionali e costi della politica. Tra l’altro, se resta lo stallo tra Pd e Pdl, sul Colle si consumerebbe una vera e propria guerra tra le due forze principali per "occupa- re" la casella. Uno scontro i cui esiti non sono scontati né per Berlusconi né per Bersani. È anche su questo punto che i partiti dovranno riflettere perché senza un patto si arriva allo scontro finale che non ha esiti scontati sul vincitore. Al centro-sinistra mancano appena nove voti per eleggersi da solo il suo presidente e questo il Cavaliere lo sa. Gli conviene forzare il braccio di ferro e rischiare un anti-berlusconiano alla guida del Colle?
Dunque, l’extrema ratio delle dimissioni di Napolitano entra nel campo di questa crisi anomala. Ma non è detto che funzioni. Anche se ieri si è notato un ammorbidimento della linea del Pd quando Enrico Letta – uscendo dal colloquio – ha affidato a Napolitano la scelta finale confermandogli la fiducia del suo partito. Subito dopo è uscita anche una breve dichiarazione di Angelino Alfano, ugualmente "generoso" verso le capacità e le decisioni di Napolitano. Al Colle, però, non hanno letto queste dichiarazioni come una vera apertura. «Nelle consultazioni non si sono aperti spiragli, vedremo se le dichiarazioni di fine giornata troveranno una concretizzazione», dicono nel suo entourage.
E in effetti scorrendo il calen- dario degli incontri di ieri, si vede come nulla sia cambiato. Il Pdl ha ribadito la posizione di bandiera, cioè governo politico Pd-Pdl. Poi è stato il turno del 5 Stelle che ha detto sì solo a un governo del Movimento di Grillo; subito dopo è toccato a Scelta civica che ha aperto a governi sulle riforme; infine Sel che ha rilanciato Bersani e, a concludere, Enrico Letta che ha ribadito il no a governi con il Pdl ma si è rimesso nelle mani del capo dello Stato. Un quadro incomponibile, quindi, dove non si vede il profilo di un governo istituzionale o del presidente come a un certo punto era sembrato a molti. Non a Napolitano che ha potuto ben misurare le distanze reali tra i partiti. E vedere come la casella del Colle sia quella che può sparigliare. Sembra pure che il Pdl gli abbia chiesto la disponibilità a una rielezione, ipotesi che Napolitano ha nuovamente scartato.
A questo punto, si è preso una pausa di riflessione. Ha fatto sapere che comunicherà nelle prossime ore quali saranno le sue conclusioni non escludendo che tra queste ci possano essere le sue dimissioni. Ora sta ai partiti rispondere a questa pressione. O sbloccando i propri veti in una proposta o lasciando che si consumi lo stallo e che si trasformi in uno scontro finale sul prossimo inquilino del Colle. Tenendo conto che il Pd è lacerato e che il Pdl non ha i numeri per eleggerne uno di suo gradimento, si passerebbe da un un vicolo cieco a un altro. È ciò che dice Napolitano ai partiti mettendo sul tavolo le dimissioni.