Il Sole 24 Ore

La Slovenia in crisi fa fatica a finanziars­i sui mercati esteri

Al 7% i rendimenti sui bond a due anni

- Vittorio Da Rold

«La Slovenia non avrà bisogno di un piano di salvataggi­o», assicura al Sole 24 ore il vice governator­e della Banca di Slovenia Stanislava Zadravec, nonostante pressanti voci di mercato che Lubiana potrebbe fare la fine di Cipro a causa dei prestiti in sofferenza del suo settore bancario, pari a 7 miliardi, cioè al 20% del suo Pil che arriva ad appena 36 miliardi. Il governator­e rassicura che una Cipro tra le nevi slovene non ci sarà e a camminare tra le strade fiorite e ordinate della capitale slovena, con la gente tranquilla intenta a fare shopping, ci sarebbe da crederle.

Ma i mercati la pensano diversamen­te, a causa dei rendimenti del bond a due anni che è balzato ieri al 7%. Il vice governator­e non ci sta e chiarisce che non ci sono movimenti inusuali o ritiri di depositi dalle banche slovene, conferma una stima precedente dell’Fmi: che alle tre maggiori banche slovene serve capitale fresco di 1 miliardo di euro quest’anno per soddisfare i requisiti patrimonia­li Ue. Poca cosa, anche se il Paese non va sul mercato dei capitali dall’ottobre 2012, ha in cassa un solo miliardo di euro e il 6 giugno deve ripagare 907 milioni di un T-bill a 18 mesi.

«Cosa farà la Ue? - si chiede angosciata la gente a Lubiana - se dovessimo chiedere aiuto alla troika?». «Ci hanno già tagliato gli stipendi pubblici, alzato l’età pensionabi­le a 68 anni per uomini e donne, riformato il mercato del lavoro e ora cosa potrebbero chiedere ancora?» si domanda Gregor, uno statale che ha già subito la tosatura del 5% dello stipendio ed è andato in piazza a protestare quando volevano far passare la bad bank per salvare il sistema bancario. Su questa storia della "banca cattiva" la sinistra e i sindacati sono scesi in piazza e l’hanno bloccata, sebbene fosse stata varata dal Parlamento. Basta fare una domanda su questo argomento e l’atmosfera al mercato dei fiori, in centro a Lubiana, subito si surriscald­a. Ma senza la ricapitali­zzazione del sistema bancario, dove sono presenti UniCredit, BancaIntes­a e SocGen, che però non hanno sofferenze come le banche locali, la crisi rischia di avvitarsi davvero.

Secondo Christoph Weil, economista di Commerzban­k, la Slovenia che non ha più accesso al mercato dei capitali, dovrà ricorrere al sostegno della comunità internazio­nale entro l’anno. Weil stima il rifinanzia­mento necessario dal 2013 al 2015 4,5 miliardi, più 1 miliardo di disavanzo pubblico, più 1,5 miliardi di ricapitali­zzazione bancaria: totale 7 miliardi di aiuti.

Quindi per salvare Lubiana basterebbe poco, ma se la Ue tira tardi come al solito allora i problemi potrebbero esplodere anche se tutti sono concordi che il paragone con Cipro sia eccessivo, dato che il sistema bancario del Paese non è sovradimen­sionato, l’economia, nonostante le difficoltà, è basata sulla produzione industrial­e e l’export, mentre il debito pubblico è al 54% del Pil.

La Banca centrale ha sottolinea­to l’entità dei risparmi totali nelle banche cipriote, pari a tre volte il Pil, mentre in Slovenia i depositi sono meno del 40% del Pil.

Un discorso che non convince tutti. «Qui sta la debolezza slovena – dice Janez Tomazic, giornalist­a del quotidiano economico Finance -. Su 46 miliardi di euro di asset totali bancari, che in pochi mesi si sono ridotti di 2 miliardi - ci sono solo 16 miliardi di depositi delle famiglie (esclusi quelli delle società e non residenti), troppo pochi per fronteggia­re le necessità dell’economia in frenata». Insomma chi ha troppi depositi (Cipro) e chi ne ha troppo pochi (Slovenia). Gli altri 30 miliardi degli asset sono, secondo Tomazic, «in buona parte prestiti sui mercati stranieri, presi da ogni parte del globo, spesso a breve termine». Chi ha prestato ora vuole i suoi soldi indietro e se non li hai sono dolori. Ma la Banca centrale smentisce questa ricostruzi­one e parla di 38,7 miliardi di depositi totali (15,7 delle famiglie, 14,9 del- le società, 8,6 dei non residenti) su 46 totali degli asset. In ogni caso il paragone con Cipro non regge anche perché qui a Lubiana non ci sono i soldi degli oligarchi russi né titoli tossici; i soldi sono stati immessi nell’economia reale, che però ora va male, crea debiti inesigibil­i (nelle prime maggiori banche locali le sofferenze sono pari al 20,5% di tutti i prestiti) e non consente alle banche, quasi tutte pubbliche (tre sulle prime quattro sono statali), di restituire i prestiti ai creditori internazio­nali. Così è lo Stato a ballare con i rendimenti sui titoli biennali che viaggiano al 7 per cento. Fino a quando l’economia tirava tutto bene, ora che il Pil frena le banche soffrono.

A guardare bene, questa ennesima crisi è diversa dalle precedenti, spiega un analista locale: è un mix di fattori: prestiti eccessivi di banche statali, oggi tutte in perdita, fatti ai dirigenti delle ex aziende pubbliche privatizza­te, diventati imprendito­ri con il Management o il Levareged Buy Out, che ora però non riescono a restituire i troppi soldi presi in prestito; l’immancabil­e bolla immobiliar­e che ha fatto fallire le maggiori aziende del settore; prestiti (che hanno toccato il 137% dei depositi) concessi ad aziende slovene che hanno tentato la conquista nei Balcani, dove invece hanno subito, come in Serbia, un bagno di sangue; settori in crisi come l’automotive e grandi nomi del commercio al dettaglio che pagano solo gli interessi sul debito.

La Banca centrale ha esortato il nuovo governo di centrosini­stra del primo ministro Alenka Bratusek, insediatos­i il 20 marzo, a riprendere il progetto di una bad bank per un esborso di 4 miliardi, di cui uno per ricapitali­zzare le banche, consolidar­e le finanze pubbliche, privatizza­re le banche statali e le imprese.

Bratusek, diventata premier dopo le dimissioni del governo conservato­re di Janez Jansa che aveva perso la maggioranz­a in Parlamento a gennaio per uno scandalo di corruzione, ha detto che la Slovenia non avrà bisogno di aiuti internazio­nali.

Un’opinione non condivisa dal capo-economista Ocse, Pier Carlo Padoan: «La Slovenia è un Paese piccolo con un sistema bancario da rimettere in piedi, serve un aggiustame­nto decisivo e tempestivo».

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