Sfida greca per Energy Resources
L’azienda marchigiana ottiene un contratto da 50 milioni
La Energy Resources di Jesi (Ancona) riprende a marciare, puntando e investendo sull’estero. Dopo due anni drammatici, con un fatturato precipitato dai 150 milioni del 2010 ai 40 del 2012, e 60 addetti finiti in cassa integrazione su 120, l’azienda marchigiana attiva nel comparto delle rinnovabili ha chiuso un contratto da 50 milioni di euro in Grecia, per la realizzazione di 13 impianti fotovoltaici dalla potenza complessiva di 32 megawatt. A finanziare il progetto, appaltato da un operatore greco che vi lavorava da quattro anni, e che dovrà essere portato a compimento entro il 2013, potrebbe essere, tra gli altri investitori internazionali, la China Development Bank (Cdb).
«Siamo stati noi a contattare la banca d’investimento cinese - spiega Emanuele Mainardi, responsabile sviluppo estero dell’impresa jesina - per coinvolgerla in un’operazione che rappresenterebbe il primo accordo di Cdb con un partner non cinese. Per Energy Resources poi, l’appalto greco è importantissimo perché da un lato esso è il nostro primo ottenuto all’estero, e dall’altro perché ci apre orizzonti ampi di rilancio e di crescita, fuori e lontano dalle difficoltà del mercato italiano». In Grecia, dove i primi cantieri partiranno a metà aprile, l’azienda marchigiana gestirà la componente ingegneristica del programma, il project management e il collaudo finale, coinvolgendo oltre che propri tecnici anche subappaltori italiani specializzati.
Ma l’obiettivo del 2013 è quello di superare di slancio i confini europei e di sfruttare tutte le opportunità esistenti sui mercati globali, in forte espansione nelle energie rinnovabili. A cominciare da quelli africani, dove la società guidata da Enrico Cappanera ha già messo piede in maniera concreta. Tanto che è vicina alla firma di due protocolli d’intesa con i governi locali sia in Senegal - dove la trattativa è in fase di definizione - sia in Ghana, per la realizzazioni di impianti fotovoltaici da 10 megawatt ciascuno, per un valore complessivo di 28 milioni di euro. Eppoi c’è il comparto eolico, dove la Energy Resources sta sviluppando altri progetti molto rilevanti. A partire da un programma per la costruzione di un parco eolico da 50 megawatt a Santo Domingo, dove l’eventuale accordo porterebbe alla società altri 60 milioni di euro.
«Ma qui al momento, la chiusura della trattativa non è vicina - sottolinea Mainardi –. E tuttavia le potenzialità di penetrazione e di crescita per noi, sia in America che in Africa, restano notevoli. In questo modo contiamo di riassorbire tutte le professionalità ora in cassa integrazione e di dare una svolta decisiva alla nostra attività».
Il via libera del ministero dello Sviluppo economico all’elettrodotto Udine OvestRedipuglia è un primo segnale di cambiamento in uno scenario – quello energetico a NordEst – immobile, e deficitario, da tempo. L’infrastruttura – con la demolizione di 110 chilometri di vecchi elettrodotti in 30 comuni, a fonte di 40 chilometri di nuova rete in linea aerea – produrrà 60 milioni di euro annui di risparmio per gli utenti del sistema elettrico. La nuova linea, nella quale Terna investirà 100 milioni, attraverserà aperta campagna per il 95% del tracciato, e utilizzerà sostegni tubolari monostelo a ridotto impatto ambientale, per la prima volta impiegati in regione. «Così si affronta un problema che è in primo luogo di sicurezza, ma anche di quantità di energia disponibile per un sistema industriali energivoro: basti pensare all’attività siderurgica e alla produzione di pannelli di legno» spiega Adriano Luci, presidente di Confindustria Udine. «Resta il nodo della moltiplicazione degli attori sul mercato: inutile parlare di liberalizzazione se non ci sono le reali condizioni perché questo avvenga. Questa è una regione di confine, non siamo la Toscana: è del tutto naturale guardare alle opportunità vicine a noi».
Dieci anni di iter non sono ancora riusciti a fare chiarezza del progetto di elettrodotto Wurmlach-Somplago: destinato ad attraversare Carnia e Carinzia, consentirebbe anche grazie a investimenti privati di importare energia a costi inferiori del 30-40 per cento. Nel vicino Alto Adige, questa è stata la strada seguita per risolvere il caso Memc (330 lavoratori in cassa integrazione straordinaria fino alla ripresa della produzione dello stabilimento). All’inizio di marzo è stato firmato a Roma il protocollo d’intesa che consentirà allo stabilimento di Sinigo di acquistare energia a costi contenuti. Ministero, Provincia e azienda hanno concordato la realizzazione, oltre a quella di Terna, di una seconda linea di interconnessione fra Italia e Austria. «Si tratta di una merchant line – ricorda l’assessore altoatesino Roberto Bizzo – che consentirà a Memc (produzione di sili- re a quella utilizzata dall’azienda, che potrà poi essere rivenduta a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle attuali. È la dimostrazione che il gioco di squadra tra economia e politica porta a risultati concreti e a vantaggio di tutti».
Intanto, in Veneto, Terna ha annunciato di voler chiudere entro pochi mesi la concertazione con gli enti locali per l’elettrodotto "trasversale" che deve garantire la sicurezza elettrica nelle aree di Treviso e Venezia, e sono già 11 i Comuni che hanno annunciato ricorsi. Secondo dati di Confindustria Padova diffusi ieri, i costi della bolletta energetica per le imprese sono fuori controllo: «Nell’ultimo anno si sono registrati aumenti fino al 30% con l’effetto di spingere le aziende fuori mercato, specie quelle di minori dimensioni. Sono gli oneri impropri, slegati dalla fornitura di energia in senso stretto, a dilatare in modo insostenibile i prezzi, più cari del 30-40% rispetto alla media europea. Nel 2012 il prezzo dell’energia all’ingrosso ha raggiunto i 75,5 euro per megawattora (MWh) per la media tensione, contro i 43,5 della Germania, a cui vanno aggiunti oneri di sistema, accise e imposte, il cui peso è pari al 53% della bolletta energetica – denuncia il presidente Massimo Pavin – Un livello che affossa ogni speranza di ripresa».